Dal giorno della sua morte per strangolamento, a gennaio 2018, la magistratura ritiene di aver individuato il responsabile dell’omicidio e i suoi sfruttatori sono finiti in manette. Fece molto scalpore la tragica fine di Arietta Mata, 24enne ungherese, una delle tante schiave del sesso a pagamento lungo la via Emilia. Ma da un anno e mezzo il corpo della giovane prostituta assassinata giace ancora all’obitorio e soltanto per volonta’ dell’amministrazione comunale di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, rafforzata da una raccolta fondi promossa da Libera e Papa Giovanni XXIII, potra’ presto avere un funerale. Il cadavere della ragazza, morta da ore, venne notato dal macchinista di un treno che transitava di prima mattina a Gaggio, alle porte di Castelfranco. Dopo indagini lampo, la squadra mobile intui’ che non si trattava di un incidente, per poi individuare in Pasquale Concas, 50enne che ha ucciso una donna in passato e che la procura di Modena ha indagato anche per la morte di una avvocatessa, il possibile autore di un omicidio a scopo di rapina. L’uomo si trova ora in carcere. Nel frattempo il consolato ha contattato i parenti della giovane in Ungheria, rintracciandoli in un villaggio rurale dove le possibilita’ di avere i soldi per far rientrare la salma dall’Italia sono pari a zero. Cosi’, di dare una degna sepoltura alla ragazza nessuno si e’ piu’ curato. “Arietta – racconta Irene Ciambenzi dell’associazione Papa Giovanni XXIII – era stata contattata solo poche volte dall’unita’ di strada, finalizzata all’emersione dello sfruttamento della prostituzione e alla proposta di percorsi di recupero e integrazione. Ma il suo ricordo resta indelebile, come quello delle sue connazionali che dopo l’omicidio, incontrando gli operatori della nostra associazione, hanno pianto a lungo”. Mentre resta ancora da fissare la data delle esequie, una recente operazione della polizia di Stato ha svelato indirettamente in che condizioni vivesse la 24enne a Modena: era una delle venti prostitute sfruttate e tenute sotto giogo da una banda di albanesi. Pare che il protettore dell’ungherese uccisa fosse proprio uno dei boss di un gruppo criminale radicato sul territorio al punto da arrivare a sparare contro altri protettori che volevano portare concorrenza nell’ambitissima via Emilia delle ore notturne. (Foto di repertorio)
di Francesco Vecchi – ANSA