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Nucleare, la Ue divisa sul rilancio di impianti di ultima generazione. L’Italia punta ai reattori di piccola tagl

Redazione

Nucleare, la Ue divisa sul rilancio di impianti di ultima generazione. L’Italia punta ai reattori di piccola tagl

Lun, 22/01/2024 - 09:25

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“Alla presentazione del progetto di legge sulla “sovranità energetica”, nel dicembre scorso, il presidente Emmanuel Macron aveva annunciato la necessità per la Francia di costruire sei nuovi reattori nucleari. Poche settimane dopo sono più che raddoppiati: «Per il 2050, abbiamo bisogno di otto reattori aggiuntivi – ha rivelato ai primi di gennaio la ministra per la Transizione energetica, Agnes Pennier-Runacher – per far uscire la Francia dalla dipendenza dei combustibili fossili che rappresentano oltre il 60% dell’energia che consumiamo».

Un annuncio che non ha sorpreso gli addetti ai lavori e non fa che riaffermare il ruolo di Parigi – e del colosso pubblico Edf – come portabandiera degli investimenti nel Nucleare. E che, in qualche modo, sta spaccando in due l’Europa più di quanto non lo sia già nei confronti dell’atomo: sono 12 su 27 i Paesi membri della Ue che ospitano centrali nucleari. La Francia è sicuramente il leader indiscusso con i suoi 19 impianti e 56 reattori. Sulla sponda opposta del fiume abbiamo come capofila tra chi ha deciso di voltare le spalle al Nucleare la Germania, che anche nel pieno della crisi del gas russo ha confermato la scelta di puntare tutto sulle rinnovabili.

In ciò seguita, di recente, dalla Spagna del premier socialista Pedro Sanchez, che a fine dicembre ha annunciato di voler chiudere progressivamente le sue cinque centrali nucleari, con data di fine vita il 2037″, riporta il supplemento economico del quotidiano La Repubblica, Affari&Finanza.

 “Sull’altro lato, la Francia, non ha come alleato di peso la sola Gran Bretagna (vedi l’articolo qui a fianco, ndr). E da quando si è insediato il nuovo governo di destra guidato da Giorgia Meloni, anche l’Italia è salita sul carro della “fusione” Nucleare. Conoscendo le difficoltà nella realizzazione in tempi brevi di grandi centrali nucleari, l’esecutivo punta sulla tecnologia dei piccoli reattori “modulari” (Smr), che possono più che dimezzare i tempo di realizzazione.

E hanno trovato subito sponda da aziende e istituzioni: lo ha rivelato ilSole-24Ore, anticipando uno studio presentato al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, da Edison (che può contare sulla controllante Edf), Ansaldo Nucleare, Enea,Politecnico di Milano e Nomisma Energia. Secondo il documento, si potrebbero realizzare 15-20 mini centrali con apertura del primo cantiere nel 2030, da concludersi nel 2035, e da qui un nuovo reattore all’anno. L’operazione muoverebbe oltre 100 miliardi di giro d’affari (indotto compreso). Tutto a sostituire i combustibili fossili. Va detto che non tutti credono alle potenzialità delle mini centrali.

Il perché lo spiega Michele Governatori, responsabile Elettricità&Gas del think tank indipendente Ecco: «Stiamo comunque parlando di una tecnologia che comporta tutti i problemi di sicurezza di una centrale a fissione Nucleare e dello smaltimento delle scorie. E che, in ogni caso, è ancora a livello sperimentale. Molto meglio, dove le rinnovabili hanno già raggiunto una quota di primo piano nel mix energetico, investire nel loro sviluppo, unito alla realizzazione di batterie e sistemi di accumulo». La nuova centralità del Nucleare in Italia è al centro anche di uno studio della società di consulenza EY, cheA&F è in grado di anticipare. Il report pone l’accento sul “peso” delle centrali atomiche a livello globale e in particolare sul loro contributo nella lotta alle emissioni inquinanti.

«L’energia Nucleare, attualmente presente in 32 Paesi con una capacità totale di 413 GW, gioca un ruolo significativo nell’evitare 1,5 gigatonnellate di emissioni globali – si legge nel documento – e ridurre la domanda mondiale di gas di 180 miliardi di metri cubi all’anno. Questa energia è tra le risorse energetiche che possiede il più basso livello di emissioni di CO2, rendendola dunque fondamentale per il raggiungimento degliobiettivi dell’Accordo di Parigi» (…)”, si legge nell’articolo.

 “Inoltre, si legge nel rapporto, se si utilizza come parametro il costo “livellato” dell’energia elettrica, che rappresenta il costo medio della generazione elettrica per una centrale per l’intera durata della sua vita, «l’energia solare fotovoltaica rappresenta la fonte di elettricità più competitiva nella maggior parte dei mercati, ma l’energia Nucleare è comunque competitiva».

Tutto questo avrebbe ricadute positive sia per l’Europa che per l’Italia. Come spiega Paola Testa, che per EY ricopre il ruolo di Europe West Energy & Resources consulting leader: «Sul Nucleare, l’Europa – ch prevede di investire tra 350 3 450 miliardi in nuova capacità Nucleare entro il 2050 – ha grandi potenzialità. Sia per contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni, sia nella ricerca nelle nuove tecnologie. Nel primo caso perché abbiamo 12 Paesi in cui sono attivi reattori e la produzione di energia atomica contribuisce in maniera importante al mix energetico e, di conseguenza alla decarbonizzazione.

E non dimentichiamo che, in vista del 2050, avremo bisogno di tutte le fonti non inquinanti: l’Europa lo può fare grazie ai suoi 100 reattori attivi e 97 gigawatt di produzione, grazie ai quali copre il 22 per cento del fabbisogno totale di energia. Perché bisogna uscire una volta per tutte dall’equivoco che le rinnovabili da sole possano soddisfare sia la richiesta di energia sia gli obiettivi di decarbonizzazione».

Ma sarebbe sbagliato, soprattutto per l’Italia, impegnarsi ancora nella realizzazione di impianti tradizionali. «Costruire grandi centrali nucleari, anche di ultima generazione, è diventato sempre più complesso. Inoltre, parliamo di opere che richiedono anche 10-15 anni, dal momento dell’annuncio, prima di entrare in servizio, tra tempi di autorizzazione, lavori e permessi. Penso, invece, che possano avere successo i piccoli reattori modulari – spiega ancora la manager di EY – che potrebbero soddisfare la richiesta di energia delle grandi industrie energivore. E in questo l’Italia potrebbe dare il suo contributo, perché ha le competenze e non è mai venuta meno la ricerca nel settore. Non basta che il governo si dica a favorevole a una ripresa della produzione Nucleare, anche se rappresenta un segnale positivo: in Italia ci sono state svolte importanti quando la spinta è arrivata soprattutto da una forte volontà industriale, mettendo a fattor comune tutti i protagonisti della filiera» (…)”, scrive Affari&Finanza.

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