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Mafia: i giorni di Giuda, 30 anni fa il J’accuse di Borsellino

Redazione

Mafia: i giorni di Giuda, 30 anni fa il J’accuse di Borsellino

Ven, 24/06/2022 - 13:35

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“Ho letto giorni fa un’affermazione di Antonino Caponnetto secondo cui Giovanni Falcone comincio’ a morire nel gennaio del 1988. Io condivido questa affermazione. Con questo non intendo dire che so il perche’ dell’evento criminoso avvenuto a fine maggio, per quanto io possa sapere qualche elemento che possa aiutare a ricostruirlo, e ne riferiro’ all’autorita’ giudiziaria. Ci accorgiamo come in effetti il Paese, lo Stato, la magistratura che forse ha piu’ colpe di ogni altro, comincio’ proprio a farlo morire nel gennaio del 1988”.

Cosi’ parlo’ Paolo Borsellino, in un duro e doloroso intervento che puntava il dito contro “i Giuda” che tradirono l’amico Falcone, nel corso di un dibattito organizzato dalla rivista MicroMega presso l’atrio della Biblioteca Comunale di Palermo, il 25 giugno 1992, quasi in mezzo a quei 57 giorni che intercorrono tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio del 19 luglio, un attentato annunciato che dilanio’ Borsellino e la sua scorta.

“Nel gennaio del 1988, quando Falcone, solo per continuare il suo lavoro, propose la sua candidatura a succedere ad Antonino Caponnetto – aggiunse – il Consiglio superiore della magistratura con motivazioni risibili gli preferi’ il consigliere Antonino Meli. Si apri’ la corsa alla successione all’ufficio istruzione al tribunale di Palermo. Falcone concorse, qualche Giuda si impegno’ subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Consiglio superiore della magistratura ci fece questo regalo: preferi’ Antonino Meli”.

Giovanni Falcone, ricordo’ Paolo Borsellino quel 25 giugno di 30 anni fa, dimostrando “l’altissimo senso delle istituzioni che egli aveva e la sua volonta’ di continuare comunque a fare il lavoro che aveva inventato e nel quale ci aveva tutti trascinato, comincio’ a lavorare con Antonino Meli nella convinzione che, nonostante lo schiaffo datogli dal Consiglio superiore della magistratura, egli avrebbe potuto continuare il suo lavoro. E continuo’ a crederlo nonostante io, che ormai mi trovavo in un osservatorio abbastanza privilegiato, perche’ ero stato trasferito a Marsala e quindi guardavo abbastanza dall’esterno questa situazione, mi fossi reso conto subito che nel volgere di pochi mesi Giovanni Falcone sarebbe stato distrutto. E cio’ che piu’ mi addolorava era il fatto che Giovanni Falcone sarebbe allora morto professionalmente nel silenzio e senza che nessuno se ne accorgesse”.

Questa fu la ragione per cui, sostenne il magistrato, nel corso della presentazione del libro La mafia d’Agrigento, “denunciai quello che stava accadendo a Palermo: per aver denunciato questa verita’ io rischiai conseguenze professionali gravissime, ma quel che e’ peggio il Consiglio superiore immediatamente scopri’ quale era il suo vero obiettivo: proprio approfittando del problema che io avevo sollevato doveva essere eliminato al piu’ presto Giovanni Falcone”.

L’opinione pubblica, sottolineo’ il magistrato, “fece il miracolo”, perche’ in quella caldissima estate dell’agosto 1988, “si mobilito’ e costrinse il Consiglio superiore della magistratura a rimangiarsi in parte la sua precedente decisione dei primi di agosto, tant’e’ che il 15 settembre, se pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi. La protervia del consigliere istruttore, l’intervento nefasto della Cassazione cominciato allora e continuato fino a ieri, continuarono a fare morire Giovanni Falcone.

E Giovanni Falcone, uomo che senti’ sempre di essere uomo delle istituzioni, con un profondissimo senso dello Stato, nonostante questo continuo’ incessantemente a lavorare. Approdo’ alla procura della Repubblica di Palermo dove a un certo punto ritenne a un certo momento di non poter li’ continuare a operare al meglio”. 

Giovanni Falcone era cosi’ andato al ministero di Grazia e Giustizia, non perche’ aspirasse, disse ancora Borsellino, “a trovarsi a Roma in un posto privilegiato, non perche’ si era innamorato dei socialisti, non perche’ si era innamorato di Claudio Martelli, ma perche’ a un certo punto della sua vita ritenne, da uomo delle istituzioni, di poter continuare a svolgere a Roma un ruolo importante e nelle sue convinzioni decisivo, con riferimento alla lotta alla criminalita’ mafiosa”.

Cerco’ di ricreare in campo nazionale e con leggi dello Stato quelle esperienze del pool antimafia che erano nate artigianalmente senza che la legge le prevedesse e senza che la legge anche nei momenti di maggiore successo le sostenesse. Questo, a torto o a ragione, ma comunque sicuramente nei suoi intenti, era la Superprocura e mai neanche un istante ho dubitato che questo strumento sulla cui creazione Giovanni Falcone aveva lavorato servisse nei suoi intenti per ritornare.

Soprattutto, per consentirgli di ritornare a fare il magistrato, come egli voleva. Il suo intento era questo e l’organizzazione mafiosa – non voglio esprimere opinioni circa il fatto se si e’ trattato di mafia e soltanto di mafia, ma di mafia si e’ trattato comunque – quando ha preparato e attuato l’attentato del 23 maggio, l’ha preparato e attuato proprio nel momento in cui, a mio parere, si erano concretizzate tutte le condizioni perche’ Giovanni Falcone, nonostante la violenta opposizione di buona parte del Consiglio superiore della magistratura, era ormai a un passo, secondo le notizie che io conoscevo, che gli avevo comunicato e che egli sapeva e che ritengo fossero conosciute anche al di fuori del Consiglio, al di fuori del Palazzo, dico era ormai a un passo dal diventare il direttore nazionale antimafia”.

Ecco perche’, concluse Borsellino, “forse, ripensandoci, quando Caponnetto dice ‘comincio’ a morire nel gennaio del 1988′ aveva proprio ragione anche con riferimento all’esito di questa lotta che egli fece soprattutto per potere continuare a lavorare. Quello che non si puo’ contestare e’ che Giovanni Falcone in questa sua breve, brevissima esperienza ministeriale lavoro’ soprattutto per potere al piu’ presto tornare a fare il magistrato. Ed e’ questo che gli e’ stato impedito, perche’ e’ questo che faceva paura”.

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