Salute

Sanità: medici aggrediti, Sicilia studia “modello difesa”

Redazione

Sanità: medici aggrediti, Sicilia studia “modello difesa”

Mer, 22/11/2017 - 16:56

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Riorganizzazione della rete delle guardie mediche, conversione delle singole sedi di continuita’ assistenziale e integrazione delle stesse con le postazioni del Seus 118. Sono alcune delle proposte allo studio in Sicilia contro i ripetuti casi di violenza nei presidi sanitari. Valutata l’ipotesi di una presenza rafforzata delle guardie giurate. “Sul tema della sicurezza delle Guardie mediche condivido pienamente le parole della ministra Lorenzin che ho riconosciuto ispirate al rispetto del dolore e del dramma vissuto dalla collega di Trecastagni e, al contempo, al rigore in merito alle azioni da intraprendere per il riordino del servizio e per la rivisitazione del modello organizzativo”: Lo afferma il direttore generale dell’Asp di Catania, Giuseppe Giammanco, presentando le proposte trasmesse all’assessorato regionale alla Salute relative alla garanzia della sicurezza degli operatori nei Servizi di continuita’ assistenziale.
Gli interventi attuati hanno finora riguardato l’implementazione di un sistema di sicurezza, per ciascun Presidio di continuita’ assistenziale, costituito da: braccialetti di emergenza collegati con 112, grate alle finestre, porte blindate, telefoni di soccorso, videocitofoni, videosorveglianza. Sono stati istituiti dei “tavoli tecnici” ed in ultimo e’ stata nominata una commissione di verifica interna, presieduta dal Direttore sanitario Franco Luca, per accertare e riscontrare la completa rispondenza dei sistemi di sicurezza attivati nei Presidi con le previsioni normative, oltre che per migliorare gli standard sinora assicurati non solo nei Presidi di continuita’ assistenziale, ma anche nei Pronto soccorso e nelle altre sedi con simili condizioni di rischio.

Sono due le ipotesi alternative gia’ proposte all’assessorato regionale alla Salute dalla Direzione dell’Asp di Catania come contributo alla rivisitazione del modello organizzativo dei Servizi di continuita’ assistenziale. Entrambe troverebbero completa integrazione con le Aft(Aggregazione funzionale territoriale) dei medici di medicina generale, gia’ previste dal decreto Balduzzi. La prima riguarda la riorganizzazione della rete delle Guardie mediche, in provincia, in considerazione della loro allocazione e della contestuale presenza sul posto di lavoro di altri operatori; 22 Guardie mediche sono oggi allocate in un Pte in prossimita’ di una postazione del 118. La proposta formulata all’assessorato riguarda pertanto le rimanenti 36 Guardie mediche per le quali si prospetta l’accorpamento in 17 moduli operativi (individuando una sede principale o prevedendo la rotazione delle sedi e unificando in un’unica sede il turno dei medici). Su questa prima ipotesi di lavoro si registra, anche, la disponibilita’ delle Misericordie di Catania a condividere le sedi delle loro postazioni con i Presidi di continuita’ assistenziale. La seconda attiene alla conversione delle singole sedi di continuita’ assistenziale e all’integrazione delle stesse con le postazioni del Seus 118. Le nuove postazioni, una per Comune, svolgerebbero sia compiti e funzioni della postazione fissa (Guardia medica e Pte) sia della postazione mobile (Seus 118) per l’emergenza-urgenza. Questo nuovo format, gia’ sperimentato in altri contesti, permetterebbe una piu’ efficace azione al domicilio del paziente, contribuendo a garantire l’emergenza-urgenza.
Nel corso degli incontri, alcune organizzazione sindacali di categoria hanno avanzato la proposta di affidare il servizio di sicurezza individuale a guardie particolari giurate per ogni singola sede e per singolo medico. L’ipotesi presentata, viene spiegato, “dovrebbe essere definita a livello regionale, se non nazionale, in ragione dei numerosi aspetti implicati e, soprattutto, per la valutazione della sua plausibilita’ con le norme vigenti in materia di Pubblica sicurezza”.
“Il tema della sicurezza nei luoghi di lavoro e soprattutto nei luoghi di cura interroga e riguarda tutti in Italia – continua Giammanco – c’e’, quindi, una questione organizzativa, che richiede nuovi standard e nuovi modelli; e c’e’ una questione morale e culturale, che attiene tanto alla violenza quanto alla negazione di un principio di civilta’: il rispetto per chi svolge una professione di aiuto”.