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Rassegna stampa. Caltanissetta, abusi sulla nipote: la Cassazione conferma condanna a 8 anni di carcere

Vincenzo Pane - La Sicilia

Rassegna stampa. Caltanissetta, abusi sulla nipote: la Cassazione conferma condanna a 8 anni di carcere

Mer, 05/05/2021 - 10:17

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CALTANISSETTA – Abusi sulla nipote la Cassazione conferma condanna a 8 anni di carcere La Corte di Cassazione ha confermato e reso definitiva la condanna a 8 anni per un commerciante nisseno accusato di avere abusato sessualmente della nipote. L’uomo è stato arrestato dopo la decisione della suprema Corte ed è già in carcere. Per tutelare la minorenne non è possibile pubblicare alcun dato. Con la decisione della Cassazione – in fotocopia rispetto a quelle di primo grado del 2017 e della Corte d’appello del 2019 – viene confermato anche il risarcimento danni, che sarà stabilito dal giudice civile, oltre a una provvisionale di 10 mila euro alla famiglia della giovane.

La vicenda risale a quasi dieci anni fa, ma il caso era finito sotto l’occhio di magistrati e investigatori solo dopo la denuncia presentata dalla famiglia della ragazza. Sulla base degli elementi raccolti dagli inquirenti lo zio avrebbe abusato della minore in più occasioni tra il 2009 e il 2011. Ma solo dopo diversi anni la ragazza trovò il coraggio di raccontare in famiglia prima, e poi ai magistrati, quello che le era accaduto. Non appena la denuncia finì sui tavoli della Procura venne aperta un’inchiesta, sfociata nell’incriminazione del commerciante. Nel corso del processo d’appello la giovane era stata nuovamente sentita e aveva confermato le accuse al parente.

Alle conclusioni della Procura generale della Cassazione, che aveva chiesto la conferma della condanna, si sono associati i legali di parte civile della minorenne e dei genitori di quest’ultima – gli avvocati Salvatore Falzone, Antonino Falzone e Giuseppe Panepinto – chiedendo la condanna del commerciante e il risarcimento danni. L’avvocato difensore Walter Tesauro aveva invece chiesto l’annullamento delle precedenti sentenze, ritenendo che non vi fossero elementi certi per arrivare a una condanna.

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