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Sicilia, prima guerra mondiale: i campi di concentramento dimenticati. Austroungarici lavoravano nei paesi dell’interno

Redazione

Sicilia, prima guerra mondiale: i campi di concentramento dimenticati. Austroungarici lavoravano nei paesi dell’interno

Sab, 29/11/2014 - 18:49

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ImmagineSUTERA – Ancora oggi su internet si possono leggere le cartoline che i prigionieri austroungarici mandavano alle famiglie dai campi di concentramento siciliani: Palermo, Catania (il castello Ursino), Milazzo, Piazza Armerina, Noto ed altri. Qualcuna la troviamo anche nella mostra di guerra allestita a Sutera dal museo etnologico comunale.

Ma il campo più grande era, insieme a quello dell’Asinara, quello di Vittoria (RG), in grado di ospitare nelle sue baracche fino a cinquemila prigionieri. L’estrema lontananza dalla linea di confine rendeva improbabile una fuga ed un ritorno a casa. Anche perché il campo di Vittoria, come i campi nemici che ospitavano prigionieri italiani, battevano moneta propria, spesso firmata dal comandante del campo: come un governatore della Banca d’Italia. In tal modo, anche arrivando alla stazione, non eri in grado di pagarti il viaggio verso casa. Oggi le monete del campo di Vittoria hanno un costo per i collezionisti intorno ai cinquecento euro. I prigionieri potevano comprare prodotti di prima necessità solo all’interno del campo. Se volevi comprarti il biglietto di ritorno a casa in treno, alla stazione si mettevano a ridere.

Il preside La Ferla parla, in una sua pubblicazione, delle baracche del campo di Vittoria, 37 in tutto, che purtroppo furono abbattute. Ne sono rimaste solo quattro e in una é ospitato il museo italoungherese, con visite frequenti di delegazioni che vengono ad onorare, specie a novembre, la memoria dei caduti. Durante l’epidemia spagnola del 1918, con cinque milioni di vittime in Europa, a Vittoria morirono 118 prigionieri sepolti all’interno del cimitero. Il Comune ha regalato il terreno su cui sorge oggi la cappella costruita dal governo ungherese con incisi i nomi dei prigionieri deceduti.

ImmagineAi prigionieri non solo veniva concesso di lavorare dentro, ma spesso erano richiesti con insistenza dai privati nelle botteghe artigiane, soprattutto nei campi rimasti abbandonati. E venivano anche pagati, come previsto da una convenzione internazionale che garantiva un trattamento di reciprocità tra le nazioni in guerra. La manodopera dei prigionieri serviva anche a calmierare il mercato.

E così anche i comuni dell’interno cominciarono a chiedere manodopera.

Nel luglio 1916 il Sindaco di Sutera, Salvatore Castelli, fa una richiesta di 100 prigionieri dal campo di Vittoria per la nuova stagione agricola. I proprietari lamentavano la mancanza di lavoratori partiti per il fronte ed i pochi rimasti avevano ottenuto prezzi più alti. In precedenza il segretario comunale aveva cercato di convincere nel circolo agrario i possidenti, ma questi si erano mostrati diffidenti. Ma ora sanno che nei comuni viciniori hanno dato buoni risultati.

La trafila burocratica è difficile e faticosa anche per un sindaco: non si trova mai l’ufficio giusto, ti rimbalzano da un posto all’altro. Passa il tempo ed anche i telegrammi, cresce il carteggio. Finalmente individua l’ufficio competente e riceve la risposta sospirata. Ma, dice l’interlocutore, posso dartene solo cinquanta, la metà di quanto chiesto.

In realtà non sono pochi. Il Sindaco era un buon negoziatore, aveva chiesto molto per ottenere meno. Arrivati al dunque, deve quantificare il suo bisogno reale : ne servivano solo quarantacinque!

E per dimostrare la sua buona volontà, dichiara di accettare in anticipo tutte le condizioni: una paga di £ 0,25 l’ora, di fornire il chinino, la paglia per dormire, vitto secondo gli usi locali, legna da ardere e quanto occorre per l’igiene, l’acqua da bere e per le pulizie, cappelli di paglia grandi e attrezzi di lavoro, mezzi di trasporto se il luogo di lavoro dista più di 3 km dalla residenza.

Pochi gli obblighi per il prigioniero, che ha l’obbligo di consumare sul posto di lavoro solo uno dei pasti giornalieri.

La documentazione, insieme a materiale di scavo proveniente dai campi di battaglia, è esposta nella mostra per il centenario del museo etnologico comunale di Sutera, CL, visita gratuita da concordare col l’ufficio turistico, tel. 0934 954929, oppure chiamando il 3206226661.

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