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L’ex assessore Marino si scalda ed entra in tackle. Arriva la querela di Montante e Lo Bello

Redazione

L’ex assessore Marino si scalda ed entra in tackle. Arriva la querela di Montante e Lo Bello

Mar, 11/11/2014 - 23:27

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imageSi accende lo scontro tra l’ex assessore regionale all’Energia Nicolò Marino e i vertici di Confindustria. Dopo le pesanti accuse lanciate da Marino in una intervista al quotidiano “La Sicilia”, in cui l’ex componente della giunta ha rivelato di aver subito grossi condizionamenti nella gestione delle discariche e di un Crocetta “piegato agli industriali con il placet di parte del Pd”, i vertici di Confindustria annunciano querela. In una nota Ivanhoe Lo Bello e Antonello Montante fanno sapere di avere già dato mandato ai loro legali di denunciare Marino per ” i contenuti gravemente diffamatori e minacciosi dell’intervista oltre che riferimenti a fatti e circostanze fantasiosamente ricostruite e completamente destituite di ogni fondamento”.
Non ha usato mezzi termini Nicolò Marino, che è tornato a fare il giudice a Roma, nel denunciare pubblicamente i presunti interessi degli industriali siciliani nella gestione delle discariche.
“Crocetta – ha detto – è condizionato dall’ingerenza di esponenti di Confindustria che continuano a garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell’antimafia, privo di sostanza, e con il placet di parti della maggioranza e del Pd”.
Marino ha raccontato di essere stato “convocato” dal senatore Pd Beppe Lumia per un incontro con Montante e Lo Bello dopo la pubblicazione di una serie di articoli su “Il fatto quotidiano” poco lusinghieri nei confronti di Montante. L’incontro, durante il quale Montante avrebbe accusato Marino di essere l’ispiratore di quegli articoli, si sarebbe svolto all’hotel Excelsior. Crocetta, subito informato dell’accaduto, avrebbe “cambiato discorso”. (Repubblica.it)

Di seguito il testo integrale dell’intervista

«Rifiuti, la volta che fui convocato da Lumia e Confindustria Sicilia”

di Mario Barresi – La Sicilia

imageCATANIA – Torna, dopo essere stato messo alla porta. E frantuma la finestra di Palazzo d’Orléans. In mille pezzi. «Crocetta è condizionato dall’ingerenza di esponenti di Confindustria che continuano a garantirsi delle situazioni di vantaggio con il mero biglietto da visita dell’antimafia, privo di sostanza, e con il placet di parti della maggioranza e del Pd».
Nicolò Marino, ex assessore ai Rifiuti “dimissionato” dal governatore, interviene duramente sul sistema delle discariche in Sicilia. Con accuse vecchie e nuovi retroscena. E con una tesi di fondo: «Il sistema dei rifiuti in Sicilia è sempre in mano alle stesse persone». La durezza dello scontro tra Marino e il governatore ha più volte toccato livelli altissimi. E qual è ora la nuova miccia? Il magistrato catanese torna alla carica dopo le dichiarazioni di Rosario Crocetta in un’intervista pubblicata sabato dal nostro giornale: «Aveva il chiodo fisso di Catanzaro (il vicepresidente di Confindustria Sicilia, imprenditore nel settore delle discariche, ndr) e non ha mai parlato del vero rapporto fra mafia e rifiuti che c’era altrove», ha affermato il presidente della Regione. Attribuendo a Marino «errori gravi di valutazione» in una sorta di continuità, in materia di rifiuti, con le scelte di Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo.
Dalla difesa all’attacco, l’attuale presidente di una sezione del Tribunale penale di Roma si sciacqua la bocca: «Non mi sento accomunato a nessuno e rispetto la storia umana di Cuffaro e Lombardo, pur non condividendo ovviamente le scelte che li hanno portati alla loro situazione giudiziaria. Non capisco perché Crocetta cerchi sempre lo scontro con me. È una persona superficiale, ma non stupida: conosce perfettamente quello che io ho fatto».

lumiaLa tesi di Crocetta è: sui rifiuti Marino guardava il dito, Catanzaro, e non la luna, ovvero Motta e Mazzarrà. È questo il motivo del vostro scontro?
«Il vero problema fra me e Crocetta era che nel mio operato, pur realizzando il programma di governo, io ho sempre tenuto davanti agli occhi le regole: quelle comunitarie – vedi i casi dell’eolico e del servizio idrico integrato – e quelle nazionali e regionali. Crocetta invece ha impostato il suo mandato come un monarca che non ha bisogno di rispettare gli ordinamenti comunitari e nazionali, facendo coincidere il suo dire con l’ordinamento in Sicilia. Crocetta voleva una testa di legno e non un assessore pensante, per riempire il gabinetto con persone di sua fiducia e gestire lui l’assessorato. Un modello che è riuscito a imporre alla Formazione con la Scilabra e soprattutto all’Ambiente con la Lo Bello. Ed è in quest’ultimo settore che ci sono i problemi sulle discariche, tant’è che tolgo l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, ndr) da quell’assessorato e la porto all’Energia».

Per quale motivo?
«Effettuato un controllo sulle discariche private mi rendo conto che erano stati autorizzati, senza che ne avessero diritto, almeno 3 milioni di metri cubi a Catanzaro e 2,6 milioni a Oikos. E inoltre era legge già dal 2003 prevedere un biostabilizzatore. I lavori della commissione speciale che ho voluto io evidenziano proprio questo, tant’è che apriamo i procedimenti amministrativi per la revoca di Oikos e per la rivisitazione di Catanzaro. Il direttore generale Gullo, mantenuto in carica sia da Crocetta sia dalla Lo Bello nonostante le mie durissime segnalazioni, scrive però in conferenza di servizi che la procedura è regolare. Dopo due giorni arrivano gli arresti di Proto e degli altri legati alla discarica di Motta. E a questo punto Gullo riscrive a Lupo, rimasto dirigente generale del mio assessorato dopo che io ero andato via, per dirgli: aspetta, rivediamo la procedura».

Ma il presidente Crocetta era a conoscenza di tutto ciò?
«Io segnalo tutto a Crocetta, ma lui non fa nulla. Oltre allo stop alle autorizzazioni doveva esserci risarcimento alla Regione sia dai dirigenti che hanno sbagliato, sia dai privati che ne hanno beneficiato, in violazione di legge. Crocetta ha sempre saputo tutto. E continua a lasciare Gullo allo stesso posto».

Però la posizione dell’azienda di Catanzaro risulta regolare.
«Io imposi con una serie di circolari la messa in regola delle discariche private.
Catanzaro, che è il più furbo di tutti, presentò il piano richiesto. Ma nessuno esercita l’azione di risarcimento nei suoi confronti: sono milioni e milioni di euro. Io intervenni anche sulle tariffe imposte ai comuni, oltre che sulle stazioni di trasferenza. Un sindaco del Palermitano si lamentò sull’ubicazione scelta da Catanzaro. E sa qual è la cosa bella? Lumia mi mandò sia Catanzaro, sia il sindaco che si lamentava… ».

Però sembra che la sua sia una guerra personale contro Catanzaro.
«Io mi scontro con lui perché è il primo ad attaccare il governo regionale duramente su un atto necessario, voluto da Crocetta, da me e da tutti gli altri per scongiurare l’emergenza rifiuti ripristinare la legalità sul ciclo integrato dei rifiuti, a partire da Bellolampo. Siamo stati noi a impedire che Palermo diventasse Napoli… ».

Ma Crocetta perché l’ha cacciata?
«Non tollerava la mia autonomia né la fiducia che riscontravo fra tutti i soggetti del settore, sindacati compresi. Il nostro progetto era ben preciso: non nuovi impianti di pirolisi, ma con centri di compostaggio per ciascuna Srr e implementando le società di riciclo. Poi facciamo le tre gare per le piattaforme pubbliche di Gela, Enna e Messina. Quest’ultima perché sapevamo cosa stava succedendo a Mazzarrà. Anche Crocetta lo sapeva, ma non gli interessava. Con le gare scoppia un macello, perché i privati capiscono che le con le strutture pubbliche avrebbero avuto concorrenza. Sull’ipotesi di stop all’impianto di Gela, nel dicembre 2013, l’altro scontro con il dirigente Gullo. Ci riuniamo a Palazzo d’Orléans, ci sono anche la Lo Bello e il mio direttore Lupo. E lì Crocetta ha il barbaro coraggio di dire che Gullo era stato tratto in inganno da un suo funzionario. In quell’occasione ho lo anche scontro più duro con la Lo Bello, che ritengo persona assolutamente inadeguata. E infatti è finita alla Formazione al posto della Scilabra… ».

Su Mazzarrà lei ha chiuso un occhio, secondo la tesi di Crocetta.
«Nelle ordinanze delle Procure di Palermo e di Barcellona Pozzo di Gotto emerge con chiarezza il lavoro fatto da me e dalla commissione che ho voluto, presieduta dal mio vicecapo di gabinetto Buceti. E potete escludere che il signor Calleri, che mi è succeduto e che non ho mai avuto il piacere di conoscere, inadeguato anche più della Lo Bello, sia stato messo lì da Crocetta per avere un simulacro e continuare a gestire tutto? E poi ripeto: Crocetta non vuole essere offuscato da nessuno, vuole sempre fare la primadonna. E la mia presenza lo offuscava».

Lei continua a parlare di ingerenze di Confindustria. Ma quali sono le prove?
«Il direttore Lupo, che da quando vado via io non si sente più garantito anche perché aveva visto quello che stava succedendo con Calleri, doveva essere sostituito dal direttore del Genio civile di Palermo, Munafò, persona perbenissimo. E invece viene scelto un direttore dell’area agrigentina, Armenio. Ad Agrigento vi è Catanzaro, ma anche un’importante autorità nel settore, che è il presidente della commissione Ambiente del Senato. Sarà pure un caso, ma quando Catanzaro scrive, lo fa al presidente della commissione Ambiente del Senato, che a quanto ho capito è in sintonia politica con lui».

Ma questa coincidenza geografica è piuttosto debole rispetto alla durezza dei suoi attacchi a Catanzaro.
«Catanzaro è la punta dell’iceberg che cercava di impedire, sotto il profilo giuridico, che la Regione si dotasse di strumenti normativi che le consentissero di fare piattaforme pubbliche. Ma è lui assieme a Montante… ».

Che c’entra Montante?
«Le racconto un aneddoto. Sul “Fatto Quotidiano” escono alcuni articoli. Uno molto critico sul procuratore Lari quando dice che Montante è il simbolo della legalità. Io critico Lari, ricordandogli anche che lui aveva tessuto le lodi di Alfano, ministro che propose leggi poi dichiarate incostituzionali, e richiamandolo al suo dovere. Non dimenticate che io e Lari eravamo a Caltanissetta assieme e che entrambi sappiamo chi è Montante. Poi quando convertono in legge il ddl sull’emergenza rifiuti, mettono la mia nota contro Catanzaro. E a quel punto mi chiama Lumia, pochi giorni dopo la pubblicazione di quell’articolo sul “Fatto”. Era un lunedì e mi chiede se potevamo vederci a Palermo. Io gli rispondo che ci sarei stato l’indomani e che ero a Catania. “No. Io, Antonello e Ivan ti dobbiamo parlare con urgenza”, mi disse. Alle nove di sera ci siamo visti all’hotel Excelsior di Catania. L’esordio del signor Montante è che egli mi ritiene il regista degli articoli del “Fatto Quotidiano” e aggiunge l’espressione: “Se dobbiamo fare la guerra a colpi di dossier, tu me lo devi dire. E la devi smettere di sguinzagliare Buceti (vicequestore in aspettativa per entrare nel gabinetto di Marino, ora tornato alla Dia, ndr) per raccogliere elementi a mio carico”».

E lei cosa rispose?
«Primo: non ti permetto di utilizzare questo tono. Secondo: ti conosco talmente bene che non ho bisogno di sguinzagliare nessuno. Quella fu una discussione durissima. Se vogliono, Montante, Lumia e Lo Bello smentiscano questa circostanza».

Gli altri presenti cosa fecero?
«Quando si aprì lo scontro fra me e Montante, Lo Bello rimase in silenzio e Lumia a un certo punto tentò di mediare perché forse capì che Montante aveva esagerato».

Lei raccontò a Crocetta l’accaduto?
«Il giorno dopo vado a Tusa e informo Crocetta, in presenza dello stesso Buceti, dell’episodio. Dicendo che nessuno si doveva assolutamente permettere di provare a condizionare l’operato dell’assessorato. Crocetta, a pranzo, per tutta risposta… cambia discorso. È l’inizio della fine. È chiaro che lui ha il problema di qualcuno di Confindustria che gli ha chiesto la mia testa. Non può dire di no perché Confindustria ha supportato le sue campagne elettorali a Gela, a Bruxelles e alla Regione».

Che giudizio dà sul nuovo assessore al Territorio e ambiente, Maurizio Croce?
«Un fuoriclasse, una delle scelte più azzeccate per la sua competenza in materia. E non potrà consentire un uomo inadeguato come direttore generale».

E la sua collega Vania Contrafatto, un altro magistrato ai Rifiuti?
«Non saprei dire, non la conosco».
twitter: @MarioBarresi

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