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Dieci anni da Nassiriya: l’Italia non dimentica. Messa al Campidoglio con ministro Mauro e medaglia a familiari

Redazione

Dieci anni da Nassiriya: l’Italia non dimentica. Messa al Campidoglio con ministro Mauro e medaglia a familiari

Mar, 12/11/2013 - 23:30

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NassiriyaROMA – Il ministro della Difesa Mario Mauro, in occasione della Giornata del ricordo dei caduti nelle missioni di pace, ha deposto una corona d’alloro all’altare della Patria. Ad accompagnarlo, il capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, e gli alti vertici militari, tra cui il comandante generale dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli. La ricorrenza è quella del decimo anniversario della strage di Nassiriya nella quale persero la vita 19 persone: 12 Carabinieri, 5 militari dell’Esercito e 2 giornalisti.

f_472c874da7L’Italia non dimentica. Quelle diciannove bare schierate e coperte dal tricolore non potranno mai più essere cancellate dalla memoria collettiva. Sono passati dieci anni dalla strage di Nassiriya. Era il 12 novembre 2003 quando, a sud dell’Iraq, un camion cisterna guidato da un kamikaze esplodeva provando a forzare l’entrata di una delle due basi cittadine del contingente italiano, nello specifico la base “Maestrale” dell’Msu dei Carabinieri, della missione di peacekeeping “Antica Babilonia”. Fu una strage. Morirono 28 persone di cui 19 italiani e 9 iracheni, ci furono 58 feriti. Tra le vittime italiane dodici erano carabinieri, cinque militari dell’Esercito e due civili di una troupe sul posto per girare un documentario. Morirono i carabinieri Massimiliano Bruno, Giovanni Cavallaro, Giuseppe Coletta, Andrea Filippa, Enzo Fregosi, Daniele Ghione, Horacio Majorana, Ivan Ghitti, Domenico Intravaia, Filippo Merlino, Alfio Ragazzi e Alfonso Trincone. Insieme a loro restano a terra i militari dell’esercito Massimo Ficuciello, Silvio Olla, Alessandro Carrisi, Emanuele Ferraro e Pietro Petrucci. Morirono anche civili italiani nel piazzale di quello che era anche denominato il compound “Animal House”:  il cooperante Marco Beci e il regista Stefano Rolla che con la sua troupe stava seguendo proprio l’attività dei carabinieri italiani in Iraq. Nella coscienza nazionale Nassiriya piano piano è diventata un simbolo e una testimonianza, nelle decine e decine di strade e piazze italiane dedicate ai caduti di quell’attentato, del sacrificio per la pace pagato dai soldati italiani nelle missioni internazionali.

“I 19 italiani morti a Nassiriya – dice Giorgio Napolitano – furono vittime di una “inaccettabile e vile barbarie” e sono il simbolo di un paese che “crede nella necessità di uno sforzo comune per la sicurezza e la stabilità. Sono il simbolo di un impegno forte a tutela dei diritti fondamentali dell’uomo e per la cooperazione pacifica tra i popoli”.

La strage di Nassiriya in questo decimo anniversario “assume un significato più pregnante; è, in realtà, più doloroso inserendosi in un tempo che appare per certi versi brevissimo, per altri versi lunghissimo: fatto, cioè, di giorni interminabili, segnati dall’assenza dei nostri cari e forse, a volte, da ripetere domande e attendere risposte che sembrano non arrivare”.

E’ un passo dell’omelia che l’ordinario militare per l’Italia, monsignor Sandro Marcianò, ha pronunciato nella messa, celebrata nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli in Campidoglio, nella giornata del ricordo dei caduti nelle missioni internazionali di pace. “Nelle missioni di pace – ha ricordato monsignor Marcianò – i nostri militari portano avanti opere di difesa e di ricostruzione, di lotta alla povertà ed alla discriminazione, di cura della sanità e dell’educazione, promuovendo i fondamentali diritti umani che questo equilibrio richiede e senza i quali non c’è giustizia”.

Costruire la pace – ha aggiunto – significa “non fermarsi al proprio utile, non cercare il proprio interesse ma, piuttosto, estendere la vita, vivere le relazioni, organizzare il lavoro, affrontare la politica, governare la nazione, stabilire l’ordine internazionale, al servizio di quel bene comune che è bene di tutti e, per questo, di ogni persona e dell’intera comunità umana. Quel bene – ha concluso l’ordinario militare – che ha portato i nostri fratelli caduti a ritenere che donare la propria vita, a difesa della vita altrui, fosse più grande di ogni altro bene, del bene della stessa vita”.

“Oggi, come dieci anni fa e come sempre finché vivrò voglio stringermi alle famiglie delle vittime della strage di Nassiriya, di cui fui testimone e in cui, per un puro caso, non rimasi coinvolta anch’io” dice Barbara Contini, responsabile esteri del Centro Democratico, governatrice della regione irachena che comprendeva Nassiriya all’epoca del tragico attentato.

“Quel giorno avrei dovuto essere alla base ma il capo della scorta non si sentì bene e fui costretta a rimandare la visita di 24 ore. Non dimenticherò mai ciò che vidi sul luogo dell’attentato e il dolore muto dei colleghi dei nostri caduti. Una strage che forse si sarebbe potuta evitare se si fosse chiuso il primo ponte come chiedevamo a tutti i livelli da Bassora in seguito all’insediamento dei nostri uomini nell’area. Ma oggi non è certo il giorno della polemica. E’ il giorno del ricordo delle vittime di quel giorno e con loro – conclude Contini – di tutte le vittime italiane nelle tante missioni di pace che vedono i nostri ragazzi nel mondo operare con professionalità, eroismo e umanità straordinaria”.

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