Salute

Liquidità, l’allarme rosso delle imprese: “Per i fondi servono tre mesi”

Lello Naso - ilsole24ore.com

Liquidità, l’allarme rosso delle imprese: “Per i fondi servono tre mesi”

Lun, 13/04/2020 - 10:20

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Le modalità di applicazione del decreto liquidità faranno la differenza. Gli imprenditori non hanno dubbi: sarà una corsa contro il tempo. Perché le imprese, soprattutto le più piccole, hanno necessità immediata di risorse per sopravvivere. Ma il timore di molti imprenditori è che le procedure richiedano almeno due-tre mesi. Soprattutto se il via libera della Ue e il software Sace per la delibera dei finanziamenti non arriveranno in tempi rapidissimi.

Fabbisogno «monstre» da 80 miliardi se l’epidemia continua
I numeri sono imponenti: il Centro Studi Confindustria stima «in uno scenario di fine epidemia a giugno, il fabbisogno di liquidità nel 2020 in 30 miliardi di euro, di cui gran parte necessari tra aprile e giugno». Fabbisogno che salirebbe a 80 miliardi «con fine epidemia a dicembre»

Le aziende preoccupate per l’effetto imbuto
Marco Nocivelli, presidente del gruppo Epta, sistemi refrigeranti, 921 milioni di fatturato, seimila dipendenti, presidente di Anima, le imprese della meccanica varia, non nasconde una preoccupazione forte: l’imbuto. «Se bisognerà fare le istruttorie per tutte le richieste – dice – il sistema bancario sarà sommerso. Sarebbe un disastro perché le imprese hanno immediata necessità di liquidità. Invece sento dire che si temporeggia in attesa di istruzioni. Se vogliamo risolvere un’emergenza con schemi antichi, rischiamo la paralisi. Banche, Sace, Mef, Cdp… ci sono troppe teste decisionali».

Nocivelli è un imprenditore noto per la sua concretezza: «La disponibilità della liquidità è una notizia ottima, ma bisogna erogarla in maniera diretta. Penso alla concessione immediata dei fondi in attesa dell’approvazione dell’istruttoria, allo sconto totale delle fatture o al finanziamento con vincolo di mandato per pagare gli stipendi e i fornitori. Si darebbe liquidità all’intero sistema».

Infine Nocivelli sottolinea la necessità di un piano per la ripartenza «in totale sicurezza», dice, «perché è dal giorno in cui abbiamo chiuso che lavoriamo per rendere le nostre fabbriche sicure. Ora siamo pronti a ripartire».

Ipotesi helicopter money per le piccole imprese
Cristiano Nardi, presidente di Pietro Fiorentini, impresa familiare del settore oil & gas, 320 milioni di fatturato, 1.500 dipendenti e nove stabilimenti di cui tre all’estero, ha studiato bene il decreto: «Non lo utilizzeremo», dice. «Preferiamo fare ricorso ai canali ordinari del credito. Il decreto è complicatissimo, mi ha fatto paura. Troppa burocrazia, serviranno almeno due-tre mesi per avere la liquidità. Le imprese piccole potrebbero andare in difficoltà».

Non ci sono ricette, ma Nardi ha un’idea per accelerare: «Il 5% della somma potrebbe essere erogata a inizio istruttoria, al buio. Invece, per i piccolissimi servirebbe proprio l’helicopter money, basato solo sullo storico dell’azienda, verificato dalla banca e garantito dalla Stato».

Renato Ancorotti è presidente e amministratore delegato di Ancorotti Cosmetics, 105 milioni di fatturato e 350 dipendenti, e presidente di Confindustria Cosmetica. «Le imprese solide – dice – non hanno problemi a reperire finanziamenti, anche per via ordinaria. La difficoltà maggiore, e non va sottovalutata da tutto il sistema, è dei piccolissimi, degli artigiani. Senza di loro si blocca tutto».

Ancorotti conosce bene la filiera della cosmetica che a valle ha 150mila artigiani. «I parrucchieri e i negozi devono accedere ai 25mila euro di finanziamenti senza alcuna procedura. Serve il modello svizzero: un formulario online, una richiesta via mail alla propria banca e l’accredito immediato della somma sul conto corrente. Sono 150mila attività senza reddito per le quali bisogna fare un piano di riapertura. Come per le imprese produttive: mascherine, distanziamento, mense, trasporti. Tutto codificato. Siamo i primi ad avere a cuore la sicurezza dei lavoratori, ma si deve ripartire».

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