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La battaglia tra Contiani e Governisti nel M5S incombe sul governo

di Giovanni Lamberti - Agi

La battaglia tra Contiani e Governisti nel M5S incombe sul governo

Mario Draghi si presenterà prima al Senato per le comunicazioni alle Camere ma tra le forze parlamentari resta l'interrogativo se si arriverà oppure no a un voto sul discorso che pronuncerà il premier
Mar, 19/07/2022 - 15:02

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Mario Draghi si presenterà prima al Senato per le comunicazioni alle Camere ma tra le forze parlamentari resta l’interrogativo se si arriverà oppure no a un voto sul discorso che pronuncerà il presidente del Consiglio.

I giorni di ‘decantazione’ da quando Sergio Mattarella ha respinto le dimissioni dell’ex numero uno della Bce sono serviti ai partiti per confrontarsi sul da farsi.

Con Pd, Iv e Insieme per il futuro in prima linea per la prosecuzione dell’esecutivo.

Mentre nel Movimento 5 stelle continua il dibattito sulla possibilità o meno di sostenere il governo: il ministro Fabiana Dadone ha spiegato che intende seguire l’ex presidente del Consiglio, altri potenziali ‘dissidenti’ potrebbero rientrare nei ranghi mentre il presidente dei deputati pentastellati Davide Crippa è sulla linea di non smarcarsi dal governo, “dall’opposizione non si può migliorare la vita dei cittadini, il M5s finirebbe per fare soltanto propaganda”, la posizione espressa nell’assemblea congiunta.

Una tesi che però mentre alla Camera è condivisa comunque da un gruppo di deputati (potrebbero arrivare al massimo a venti, si spiega in M5s), a palazzo Madama non trova adesioni, i contiani infatti sono convinti di non perdere pezzi.

Un segnale dello scontro tra governisti e contiani è la decisione del direttivo pentastellato a Montecitorio di non rinnovare il contratto a Casalino dal 15 luglio mentre Beppe Grillo ha cambiato la foto sul suo profilo Watsapp sostituendola con l’immagine di un barattolo di colla coccoina.

Si attende ora di capire innanzitutto se l’operazione senza Conte in maggioranza possa andare in porto, solo dopo l’esito della discussione il Pd e la Lega tireranno un bilancio riunendo i gruppi parlamentari.

Ma su due posizioni differenti, perché mentre nel partito democratico prevale largamente la tesi che occorra andare avanti anche senza Conte (“Giovedì la Bce presenterà i nuovi strumenti per aiutarci a combattere lo spread. Ma se il giorno prima, mercoledì, in Parlamento non siamo noi a tirarci su da soli sarà più difficile poi chiedere agli altri di salvarci”, osserva il segretario dem Enrico Letta), nella maggioranza della Lega c’è la consapevolezza che occorrerebbe andare in ogni caso al voto e che quindi non si possa far finta di niente. Anche se Matteo Salvini ha firmato una dichiarazione congiunta con Silvio Berlusconi in cui non chiudeva all’ipotesi di un esecutivo senza M5s.

Nel centrodestra l’orientamento è quello di puntare sempre alle elezioni anticipate, sul tavolo di Berlusconi e Salvini ci sarebbero sondaggi che darebbero alla coalizione una vittoria sicura.

E non sono passate inosservate le parole di Fedele Confalonieri secondo cui Berlusconi farebbe bene a fidarsi di Giorgia Meloni.

Ma soprattutto da parte del Cavaliere – arrivato oggi a Roma per capire l’evolversi della situazione – l’atteggiamento resta prudente, sia per la difficoltà del momento internazionale ed economico, sia per la volontà di non mettere in alcun modo le impronte sulla crisi. L’ex premier dunque non preme sull’acceleratore anche se non esclude le elezioni. “O Draghi senza M5s o le urne”, la tesi.

“Non ci manderanno mai al voto”, il sospetto dei leghisti, con il leader del partito di via Bellerio che questa sera dovrebbe ribadire la difficoltà di continuare con questo governo.

Tuttavia una parte degli ‘ex lumbard’ non pronuncia ancora la parola voto e punta ancora su Draghi. La situazione è in movimento, nel governo non si esclude alcuno sbocco della crisi, ma se Draghi mercoledì dovesse ribadire che non ci sono le condizioni per andare avanti e sostenere la tesi illustrata la settimana scorsa, il voto anticipato resterebbe la strada maestra.

Anche se – si ribadisce nel ‘fronte’ governista della maggioranza – sarebbe difficile anche per l’ex numero uno della Bce gestire un’eventuale crisi nel Paese da palazzo Chigi.

La parola – è comunque il ragionamento prevalente – spetta al premier, non sarà tanto un’operazione numerica a spostare gli equilibri, considerato che la fiducia non è venuta mai meno e che i numeri a sostegno del premier ci sono sempre stati in Parlamento.

Si tratta di una scelta politica: il presidente del Consiglio potrebbe dunque aspettare le osservazioni dei partiti, anche perché la consapevolezza tra i governisti è che FI e anche la Lega difficilmente di fronte ad un discorso ‘aperturista’ di Draghi, possano mettersi di traverso.

Ma Draghi potrebbe anche ‘seguire’ l’esempio di Conte, ovvero non aspettare la fine del dibattito e comunque far sì che non ci sia alcun voto e recarsi poi al Colle.

“Secondo me conta solo ciò che pensa Draghi”, ha detto il leader di Italia viva Matteo Renzi. “Non si vende la pelle dell’orso prima di averlo preso”, ha sottolineato l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Borrell, rispondendo a una domanda sul fatto che a Mosca stiano festeggiando per la crisi del governo.

La via del voto in Parlamento resta comunque stretta. Mentre Giorgia Meloni domani sera in piazza a Milano si rivolgerà anche agli alleati della coalizione nel tornare a chiedere il voto subito.

“Servono libere elezioni per contrastare questa deriva antidemocratica: non si può pensare che ai partiti, alla politica e al voto degli italiani possa essere sostituito l’uomo solo al comando”, sostiene il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida.

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