Ricorre il trigesimo della dipartita dell’Avv. Giovanni
Grande, stimato professionista ed uomo integerrimo che, prodigandosi con impagabile impegno, ha dato lustro alla
categoria degli avvocati Nisseni.
Nato ad Agrigento, Nisseno di adozione, è giunto in città –
al seguito del padre (
funzionario statale)- da Modica, ove ha trascorso l’infanzia e completato gli
studi liceali per poi laurearsi a Catania in
giurisprudenza; si è abilitato all’esercizio della
professione forense nel
1964 ed iscritto all’albo dei cassazionisti già nel 1978.
Dopo aver svolto la pratica forense presso lo studio
dell’avv. Michelangelo Salerno, a sua volta noto penalista nisseno, ha seguito
la propria indole di cultore del diritto civile e, in special modo, in
quello
processuale che, in poco tempo, arrivò a padroneggiare forte
delle sue originali intuizioni che gli permisero di ottenere favorevoli
decisioni della Suprema Corte sfociate, in alcuni casi, in veri e propri
mutamenti
giurisprudenziali pubblicati nelle riviste di settore.
Mai sotto i riflettori, di carattere schivo e riservato,
dissimulava la propria timidezza cercando di apparire burbero, ma questo
non gli impediva di essere punto di riferimento per i molti giovani
avvocati che a
lui si rivolgevano per trovare la soluzione ad una delle
numerose insidie processuali celate nei meandri del Codice di procedura
civile. Non era raro che lungo i corridoi del tribunale si formassero
capannelli di giovani
colleghi interessati ad ascoltare i suoi consigli o le sue
interpretazioni di istituti giuridici particolarmente ostici.
La sua solo apparente ruvidezza di carattere nascondeva, in
realtà, una grande umanità ed un’ indole mite e gentile, soffusa da una
inaspettata vena di sottile umorismo, che affiorava solo quando si
trovava in
compagnia delle persone a lui care, come l’amico di sempre,
avv. Calogero La paglia o i numerosi praticanti che hanno frequentato il suo
studio e che, ora divenuti avvocati, lo ricordano con rimpianto.
Con serietà e dedizione ha svolto la professione di avvocato –
soleva dire che era “la sua essenza!”- rivestendo, altresì, per oltre un
ventennio, dal 1976 sino al 1997, la carica di membro del consiglio
dell’ordine degli avvocati, sempre prodigo con i colleghi consiglieri, e
gli avvocati tutti,
dei preziosi tesori della sua preparazione e saggezza.
In tutti questi anni, salve brevissime parentesi, ha svolto
il ruolo di Segretario dell’ordine – funzione poco apprezzata perché
carica di impegni ed oneri ma carente di onori- rifiutando di assumere
la carica –
ben più prestigiosa – di presidente dell’ordine degli
avvocati, invero, ancora una volta, ha seguito la propria indole ed il
proprio modo di vivere la professione, che egli riteneva essere un vero
e proprio “servizio” in
primis nei confronti dei propri clienti ma anche nei
confronti della stessa classe forense.
Ha, anche, ricoperto per molti anni la carica di Giudice
tributario presso la commissione tributaria provinciale, raccogliendo la
stima e l’apprezzamento dei colleghi componenti e dei professionisti che
accedevano al contenzioso Tributario.
Il suo impegno istituzionale si è poi esteso oltre i limiti
della nostra realtà locale, quando la fiducia dei colleghi lo ha
chiamato a rappresentare, per diversi anni, il Distretto quale delegato
alla Cassa Forense; compito che ha svolto con il suo consueto scrupolo e
con la sua riconosciuta capacità, mettendosi sempre a disposizione dei
colleghi.
A lui si deve l’intuizione della costituzione dell’unione
degli ordini forensi siciliani.
Negli ultimi anni, costretto dall’età, aveva ridotto, a
malincuore, la frequentazione dello studio dedicandosi soltanto alle
controversie che maggiormente lo appassionavano ed affidando le redini
dello studio alla
figlia Rosalia (Lia), divenuta avvocato proprio sotto la sua
guida ed i suoi insegnamenti.
Il suo lungo esercizio professionale – a breve avrebbe
compiuto 60 anni di iscrizione all’albo- sempre ispirato ai più rigorosi
principi della lealtà, della probità e della correttezza, e della
attenta considerazione e del
doveroso rispetto nei confronti di ciascun protagonista delle
vicende giudiziarie si propone quale esempio luminoso per tutti, e ancora lo
sarà per gli anni a venire.
Lo salutiamo con la nota affermazione che circolava tra gli
operatori del diritto e le aule del Tribunale: “La cause si vincono con
colpi di sciabola e di fioretto”, nel senso che anche le eccezioni processuali
– da lui sollevate e che pochi conoscevano – possono portare a vincere
una causa.
Oltre a lasciare un enorme vuoto di cultura nella nostra
città, tra i colleghi e gli amici, lascia l’amata moglie Maria, le tre
figlie: Rosalia,Valeria, Sabrina e la nipotina Emanuela, alle quali elargisce,
per preziosa
eredità, l’esempio di una vita retta, cristallina, laboriosa
e generosa.