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Governo: i dubbi di Conte, ma cresce il pressing di Pd e M5s per un conte ter

di G. Lamberti - B. Tedaldi - Agi

Governo: i dubbi di Conte, ma cresce il pressing di Pd e M5s per un conte ter

"Soluzione in 48 ore o si va verso il voto", il messaggio di Di Maio. Numeri aggiuntivi non ce ne sono al momento, anzi c'è il rischio che l'asticella sia ancora più bassa rispetto all'ultima fiducia
Dom, 24/01/2021 - 22:25

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Le lancette dell’orologio scorrono veloci, martedì si riunirà la conferenza dei capigruppo per decidere quando si terrà il voto sulla relazione dello stato della giustizia a palazzo Madama. In realtà non ci sarebbero impegni istituzionali del ministro per i quali far slittare il voto a giovedì ma in ogni caso la data non cambia lo stallo nella partita sui ‘costruttori’. Numeri aggiuntivi non ce ne sono al momento, anzi c’è il rischio che l’asticella sia ancora più bassa rispetto all’ultima fiducia. Da qui l’allarme lanciato dal Pd e oggi dal Movimento 5 stelle.

“Soluzione in 48 ore o si va verso il voto”, il messaggio di Di Maio, “il voto su Bonafede è un voto sul governo”. Di fronte ai reiterati appelli all’interno della maggioranza, che arrivano in primis proprio da chi sta lavorando – come il centrista Tabacci – alla costituzione dei gruppi di sostegno a Conte, il presidente del Consiglio sta valutando il da farsi. Ha cominciato – riferiscono fonti parlamentari della maggioranza – le sue ‘consultazionì con i capi delegazione.

Colloqui telefonici ai quali potrà seguire un vertice nelle prossime ore. Per capire quali sono gli spazi di manovra. La posizione che maturata all’interno del Movimento 5 stelle potrebbe essere decisiva per determinare un cambio di schema. Il premier anche nei giorni scorsi ha aperto ad un ‘Conte ter’ ma solo di fronte alla costituzione di un nuovo gruppo, non prima.

M5s, però, ha fatto intendere, secondo quanto viene riferito, che non intende sacrificare il ministro Bonafede ed andare incontro ad una sfiducia sia del Guardasigilli, sia del governo. L’invito che arriva da più parti nella maggioranza è che Conte si fermi prima del voto, che faccia un passo indietro per evitare quello che al momento appare una molto probabile sconfitta nella conta.

I dubbi permangono, il premier sta chiedendo – sempre secondo quanto riferiscono le stesse fonti – quali sono le garanzie, qualora dovesse presentarsi dimissionario prima del passaggio sulla giustizia al Senato. Restano le perplessità ma meno certezze rispetto a 24 ore fa rispetto all’ipotesi di andare alla conta. Una decisione finale verrà presa nelle prossime ore. Ma il pressing è sempre più forte e crescono le possibilità che Conte possa aprire ai suggerimenti della sua maggioranza.

Del resto non solo i renziani ma anche esponenti come Casini, il socialista Nencini o senatrice Lonardo non direbbero sì alla relazione di Bonafede. E sia nel Movimento 5 stelle che in una parte del Pd non c’è la volontà di andare alle urne, anche per le condizioni in cui versa il Paese alle prese con il piano dei vaccini e con il ‘Recovery plan’ che una crisi – questo il ragionamento nella maggioranza – metterebbe a rischio.

Al Quirinale si osserva la situazione senza intervenire, attenti soprattutto ai problemi che in questi giorni il paese deve affrontare. Nulla è già deciso, tutto dipenderà da quello che succederà nei prossimi giorni. Se ad esempio Conte si dimettesse prima del voto su Bonafede, le lancette si fermerebbero sull’ora della crisi conclamata. A quel punto la prassi è chiara e prevede che si aprano le consultazioni, anche rapidissime, per verificare la fattibilità di un reincarico che porterebbe a un Conte ter. Se invece si andasse al voto e questo certificasse la mancanza di maggioranza per il governo, la strada del reincarico sarebbe di fatto preclusa.

Dal canto suo il ministro Bonafede sta lavorando alla relazione. Per spiegare che la giustizia italiana è riuscita ad adattarsi alla pandemia, aprendosi ad un processo di digitalizzazione; per sottolineare come nel ‘Recovery plan’ è stanziata una cifra considerevole, ovvero quasi tre miliardi, che permetterebbe 2.300 assunzioni, un passo necessario che concorrerebbe ad accelerare i processi, insomma non è possibile perdere un’occasione unica e mettere a rischio i fondi europei.

Il Pd, però, chiede al Guardasigilli un segnale concreto. Il suggerimento, secondo quanto si apprende da fonti parlamentari dem, sarebbe quello di porre dei tempi certi per l’iter del processo penale e qualora non si realizzassero aprire anche ad uno stop della riforma della prescrizione. Oppure, come alternativa, quella di pensare di inserire fin da subito a dei correttivi sulla riforma della prescrizione all’interno della riforma del processo penale e del processo civile, in discussione nelle commissioni parlamentari di Camera e Senato.

Il Guardasigilli è aperto al confronto sulle riforme “ma è chiaro che la partita è politica e Bonafede non può fare da capro espiatorio”, sottolinea un ‘big’ M5s. Ecco il motivo per cui da qui alle prossime “48 ore”, come gli chiede il Movimento 5 stelle, occorrerà trovare delle soluzioni. Una parte del Pd chiede al premier di non chiudere a Renzi. Italia viva del resto ha annotato le affermazioni del ministro Boccia che apre ad un dialogo con il senatore di Rignano a patto che faccia un passo indietro e la smetta di ricattare.

I renziani restano alla finestra, il Movimento 5 stelle è contrario ad un ritorno dell’ex premier nell’alveo della maggioranza ma è tutto in divenire. Dipenderà innanzitutto – dicono sia nel Pd che nel Movimento 5 stelle – dalle mosse di Conte. Che aprendo al passo indietro potrebbe convincere i ‘costruttorì a farne uno avanti e magari a fare a meno di Renzi, anche se non di qualche renziano. Ma i rischi sono tanti, ora bisognerà capire se il presidente del Consiglio deciderà di prenderseli, perchè – come spiega un ministro – lo farà solo se avrà la certezza che non arriverà un cambio a palazzo Chigi, altrimenti il ‘piano B’ resta quella del voto.

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