Colpito a Gela l’impero economico della famiglia Luca, imprenditori operante nel settore delle auto di lusso e in quello immobiliare. Sette le ordinanze cautelari eseguire in nottata dal Gico della Guardia di Finanza nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Dda nissena. In carcere sono finiti i fratelli Francesco e Salvatore Luca e il figlio di quest’ultimo Rocco, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio. Indagati anche tre familiari della famiglia di imprenditori e un primo dirigente della polizia di Stato che ha svolto servizio a Gela, Caltanissetta e Agrigento. Secondo l’accusa, la famiglia Luca sarebbe stata contigua al clan Rinzivillo di Gela e alla mafia catanese. Sequestrati beni per 63 milioni di euro. Durante l’operazione sono state eseguite diverse perquisizioni. Nell’abitazione di uno degli indagati, sono stati rinvenuti 56 mila euro in contanti e diversi assegni postdatati. In passato la famiglia Luca, dopo aver subito un provvedimento di sequestro dei propri beni, denuncio’ di essere vittima del pizzo. “L’operazione di oggi fornisce una visione abbastanza grave della crescita di questo gruppo imprenditoriale che per oltre 20 anni ha usufruito del contributo e del finanziamento del clan Rinzivillo che gli ha consentito di acquistare una posizione di monopolio all’interno del settore economico di cui si occupava”.
E’ quanto ha affermato il procuratore capo di Caltanissetta, Amedeo Bertone a margine della conferenza stampa nel corso della quale sono stati illustrati i dettagli dell’inchiesta denominata “Camaleonte”. “Le intercettazioni – ha aggiunto Bertone – ci restituiscono l’immagine di un gruppo contiguo non solo con la mafia nissena ma anche catanese. In una intercettazione telefonica, un componente della famiglia Luca parlando con un esponente mafioso catanese, nel manifestare tutta la sua rabbia per come era stata gestita una pratica, si lamentava e pretendeva il rispetto perche’ avrebbe fatto “girare” tutta la mafia di Catania, dava cioe’ delle macchine in prestito per sfuggire ad eventuali intercettazioni. Il ruolo del poliziotto – ha chiarito il procuratore Bertone – e’ stato quello di vivere una situazione di assoluta compromissione della funzione pubblica nel senso che il funzionario risponde di reati come quello di corruzione, rivelazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo nella banca dati dello Sdi. A richiesta o spontaneamente forniva notizie su indagini in corso e in cambio riceveva vantaggi nel prestito a lungo termine di autovetture di grossa cilindrata oppure nell’acquisto di autovetture a prezzi assolutamente inferiori a quelli di mercato e qualche altro favore come per esempio la permanenza in alberghi”.