CALTANISSETTA – Qualche tempo fa, il nostro Sindaco ebbe a dire, a mio avviso giustamente, che Caltanissetta non ha un centro storico importante dal punto di vista storico, architettonico e culturale come Siena, Pisa e Firenze.
Effettivamente Caltanissetta non è stata di certo la culla del Rinascimento.
Credo comunque che, come ogni città europea, anche Caltanissetta abbia delle caratteristiche peculiari che la distinguono dagli altri centri abitati.
La città infatti è come un testo scritto con la pietra, con precise regole grammaticali e sintattiche.
La lettura del testo ci consente di conoscere la storia dei suoi abitanti e scoprire il codice che ha permesso loro, nel corso dei secoli, non soltanto la costruzione fisica della città ma soprattutto il disegno del suo volto.
Nel nostro caso, il racconto inizia a partire da una particolare configurazione del suolo che fa della nostra Amata una città ricca di salite, scalinate, basamenti e bastioni.
Questo lessico rappresenta un elemento distintivo, un punto di forza che andrebbe valorizzato, rivalutato e reinterpretato in un’ottica di recupero di quei valori identitari di cui tanto si parla e non, come purtroppo accade, del tutto ignorato.
A ben vedere, però, questi elementi connotativi (bastioni, scalinate, salti di quota) di cui nessuno coglie il potenziale intrinseco solo perché non rappresentano di per sé esempi di rara bellezza, non soltanto vengono sistematicamente trascurati, ma ultimamente addirittura deturpati e sfregiati per sempre, il tutto nel silenzio più assoluto.
Si tratta però di un silenzio assordante, basta solo avere orecchie adatte per sentire.
In occasione dei lavori di pavimentazione di Corso Umberto, infatti, si è deciso di allargare l’imbocco del bastione della biblioteca Scarabelli, demolendo la parte terminale del muro e sostituendola con un altro in calcestruzzo armato “opportunamente” rivestito in pietra arenaria ed abbellito da una inguardabile ringhiera in ferro.
L’intervento rovina per sempre il vecchio bastione, interrompe gravemente la sua geometria, altera la sua integrità costruttiva e materica, introduce una sgrammaticatura al testo.
Tutto questo senza un progetto, un controllo, la benchè minima sensibilità. Senza alcuna pietà.
La ragione di tale gesto efferato? Dio solo la sa e pochi intimi!
Forse per facilitare la circolazione di quelle auto che proprio i lavori di Corso Umberto volevano fortemente limitata in centro storico? Boh, questa è solo un’ipotesi!
Non me ne vogliano quanti riterranno eccessiva e secondaria questa mia esternazione.
Capisco bene che in questo particolare momento i cittadini hanno ben altre preoccupazioni a cui pensare e che ci sono questioni molto più urgenti da affrontare.
Credo, tuttavia, che il recupero del nostro orgoglio di comunità di cittadini, della nostra identità, così fortemente svilita, non possa realizzarsi se non si dimostra in concreto, anche nelle scelte apparentemente più banali, comprensione, sensibilità, rispetto e senso del decoro.
E’ un comportamento che dobbiamo alle generazioni che ci hanno preceduto, alle tracce fisiche che esse ci hanno lasciato nella speranza che restasse di loro memoria e ricordo nel tempo.
Esattamente quello che dovremmo fare noi per le generazioni future.
Nessun invito a ripopolare il centro storico, dunque, può essere colto se prima non si realizza appieno la consapevolezza di abitare con orgoglio civico la città in cui si vive.
Non è dunque l’importanza storica, architettonica e culturale dei centri storici delle città toscane che ci manca, o almeno non soltanto, ma soprattutto lo spiccato senso civico dei loro abitanti.
Dunque, è da lì che occorre ricominciare!
Arch. Paolo Cardella
Mer, 17/04/2024 - 18:57