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L’anniversario dell’uccisione di La Torre, dopo 31 anni manca ancora tutta la verità

Redazione

L’anniversario dell’uccisione di La Torre, dopo 31 anni manca ancora tutta la verità

Lun, 29/04/2013 - 21:33

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PALERMO – Il livello esecutivo è stato individuato ma i processi agli uomini di Cosa nostra non hanno scritto tutta la verità sull’uccisione del segretario siciliano del Pci Pio La Torre e del suo collaboratore Rosario Di Salvo, assassinati dalla mafia 31 anni fa. L’inchiesta è ancora aperta sul ruolo che ebbero poteri occulti e servizi segreti internazionali. L’agguato fu dall’inizio classificato come un “delitto politico” e istruito dal giudice Giovanni Falcone contestualmente a quelli in cui erano morti nel 1979 il segretario provinciale della Dc, Michele Reina, e nel 1980 il presidente della Regione, Piersanti Mattarella. In quegli anni tutti e tre erano impegnati in un’opera di rigenerazione morale della vita pubblica in Sicilia che aveva dato vita alla stagione della “solidarietà autonomistica”, versione siciliana della solidarietà nazionale. La Torre, che aveva cominciato l’attività politica nel dopoguerra guidando le lotte contadine, era anche impegnato come parlamentare del Pci in una intensa attività antimafia. Nel 1976 aveva firmato la relazione di minoranza della Commissione antimafia, nella quale muoveva un atto d’accusa contro la Dc di Salvo Lima e di Vito Ciancimino. Poi aveva elaborato norme che avrebbero introdotto il nuovo reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni. Il suo disegno di legge, condiviso con Virginio Rognoni, sarebbe stato approvato solo dopo la sua morte. Tornato in Sicilia, La Torre aveva promosso una campagna contro l’installazione a Comiso dei missili Cruise. L’iniziativa aveva attirato su di lui l’attenzione dei servizi di sicurezza: dal processo sono emerse le tracce di una prolungata attività di “osservazione”. A lungo l’esponente comunista era stato considerato informatore del Kgb, amico dei cinesi, soggetto “pericoloso”.Poi le note informative ne avevano “declassato” il ruolo. A quel tempo La Torre aveva colto segnali di una ripresa della guerra fredda dalla creazione in Sicilia di strutture segrete come Gladio. Falcone cercò di allargare l’inchiesta ma si scontrò, scrisse nel suo diario, con l’ostilità del procuratore del tempo Pietro Giammanco. Il processo si è quindi concentrato sugli aspetti esecutivi dell’agguato svelati soprattutto da Salvatore Cancemi e Francesco Marino Mannoia. Per il duplice omicidio sono stati condannati Totò Riina, Bernardo Provenzano e altri esponenti della cupola.

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