CALTASNISSETTA – Nella mattinata odierna personale della Polizia di Stato della Questura di Caltanissetta, in ottemperanza al decreto di sequestro nr.19/11 R.M.P. emesso, in data 1.06.2011, dal locale Tribunale – Sezione M.P. – ha proceduto al sequestro, propedeutico alla confisca, ex art.2 ter L.575/65, dei beni, rientranti nella disponibilità di FERRARA Vincenzo, nato a Caltanissetta il 21.04.68, attualmente detenuto, il cui valore ammonta a circa 1.800.000 euro.
In particolare, nel corso dell’operazione, sono stati sequestrati beni immobili (10) , una ditta commerciale (pizzeria), conti correnti, polizze assicurative, autovetture, motocicli e ciclomotori.
Ferrara, pregiudicato, annovera numerosi e gravi pregiudizi per associazione mafiosa, estorsione aggravata, traffico di stupefacenti ed altri reati; il predetto risulta attivamente inserito nell’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra”, operante in questo capoluogo.
Le pregresse indagini, culminate nell’operazione denominata “Redde Rationem”, per la quale è stato, in data 2.12. u.s., tratto in arresto, hanno evidenziato che il citato FERRARA, all’interno della citata organizzazione mafiosa, rivestiva un ruolo di primo piano, occupandosi nello specifico del traffico di sostanze stupefacenti e delle estorsioni.
Ferrara, inoltre, si è reso responsabile, unitamente ai suoi fratelli, di alcuni episodi di incendio ai danni di tre pizzerie ubicate in Caltanissetta, in quanto tali esercizi si ponevano in concorrenza con l’attività svolta dai suoi familiari, gestori di una pizzeria.
Le indagini patrimoniali esperite da personale della locale Divisione Anticrimine, compendiate in una proposta del Questore, per l’adozione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale,
inoltrata, in data 8 aprile u.s., al locale Tribunale, hanno dimostrato, oltre ad una evidente sproporzione tra il reddito dichiarato ed il valore dei beni intestati, che il FERRARA, nel corso degli anni, era riuscito, con il profitto derivante dalla gestione delle numerose attività illecite del clan ed avvalendosi della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo, ad accumulare un ingente capitale che reinvestiva nell’acquisto di beni immobili intestati, al fine di eludere la normativa antimafia, ai propri familiari.
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