Tre biciclette distrutte, accartocciate sull’asfalto. Un’auto ferma contro il guard rail, parabrezza sfondato e lamiere contorte. È l’immagine agghiacciante della tragedia avvenuta domenica mattina in Puglia, dove tre ciclisti – Sandro, Antonio e Vincenzo – sono stati travolti e uccisi da un’auto mentre pedalavano insieme, come ogni fine settimana. È accaduto intorno alle 8.30. Un momento di sport e amicizia, spezzato in un istante da un impatto violentissimo.
Con la loro morte, sale a 130 il numero dei ciclisti deceduti dall’inizio dell’anno sulle strade italiane, secondo l’Asaps – l’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale. Un dato impressionante, che fotografa una strage silenziosa e costante.
Cordiano Dagnoni, presidente della Federazione ciclistica italiana, ha annunciato che a settembre verrà presentato in Parlamento un pacchetto di misure per contrastare questa emergenza: «Su questo argomento credo che non ci debbano essere divisioni ideologiche – ha detto – e che si debba procedere speditamente verso interventi sia legislativi che formativi, per aumentare quella cultura del rispetto che è alla base della sicurezza stradale e del vivere civile».
Il tema è nazionale, ma parla anche a territori come Caltanissetta, dove ogni domenica decine di ciclisti percorrono le strade che portano a Pian del Lago. Strade amate per l’allenamento e le uscite sportive, ma rese pericolose da una condizione ricorrente: la totale mancanza di rispetto da parte di molti automobilisti. Tra clacson suonati nervosamente, sorpassi a distanza minima e insulti, chi pedala a Caltanissetta lo fa con il rischio costante di essere messo in pericolo.

Non è solo percezione: la pericolosità di quel tratto è stata evidenziata anche dalle cronache locali. Basti ricordare l’incidente che, anni fa, ha coinvolto Maurizio Usai, atleta nisseno che partecipa a gare internazionali di Ironman. Anche lui, durante un allenamento in zona Pian del Lago, fu vittima dell’incoscienza di un automobilista. Un episodio che avrebbe dovuto rappresentare un campanello d’allarme. Invece, poco è cambiato.

A Caltanissetta, come altrove, cresce il numero di persone che scelgono la bicicletta come mezzo di spostamento. Crescono anche gli investimenti su mobilità sostenibile e ciclabile. Ma se non si accompagna questo sviluppo con un cambiamento profondo nella mentalità di chi guida, tutto rischia di essere vano.
La verità è che l’automobilista medio mostra ancora un atteggiamento arrogante, impaziente, spesso insofferente verso la presenza del ciclista. Eppure la legge parla chiaro: distanze di sicurezza, limiti di velocità, doveri di attenzione. Ma nella realtà quotidiana, i ciclisti continuano a essere trattati come intrusi.
Che la morte di Sandro, Antonio e Vincenzo serva da monito. Che la loro tragica fine diventi il punto di svolta. Serve più educazione, più controlli, più consapevolezza. Serve, soprattutto, più rispetto. Perché ogni ciclista è prima di tutto una persona. E nessuno dovrebbe morire per una pedalata.

