




Due giorni fa, si è celebrata la “Candelora”, nel nome delle candele in simbolo cristiano nella “luce del mondo”, che, nella messa in chiesa, è stata chiamata la “Presentazione di Gesù al Tempio”, proprio nei 40 giorni a distanza dal Natale. Nella tradizione popolare di qualche proverbio, si dice che sulla “candelora vien con sole e bora dall’inverno che siamo fuori, se viene con pioggia e vento, saremo ancora dentro l’inverno”; oppure come dicono altri che “si inizierà invece il conto alla rovescia di 40 giorni prima della bella stagione”. Chissà. Ieri, 3 febbraio, è stata festeggiata con quasi tre messe, a quel San Biagio nella Parrocchia di San Giovanni Battista. Anche se all’inizio del ‘900, che, per pochi anni, si fecero, allora, di una piccola processione nella zona sud e con la prima bella statua fatta costruire dallo scultore Salvatore Galluzzo di Aragona, con precisione dal 1908. A proposito, che l’amico Cumbo aveva scritto, trent’anni fa, che l’autore si trattasse di un altro nome Scavuzzo (?), ma che fosse diversa su Galluzzo, senza considerarne di un altro errore, che la statua sarebbe di San Calogero, cioè almeno a metà del ‘700, e non appunto al San Biagio! Per la statua, firmata e datata, dall’artista dello scultore Galluzzo di Aragona, la pagarono dei mussomelesi, tra i quali c’è, in basso della scultura, i nomi di due cugini emigranti che stavano uno da Giuseppe Giovino a Buffalo (Canada), con una spesa di 105 lire, e l’altro da Vincenzo Grizzanti ad Amsterdam (Olanda), con 60 lire, quando dentro nella chiesa di San Giovanni c’era, proprio, quel sacerdote e gran poeta Pasquale Mulè, poi, allora parroco nell’anno del 1924! Questa devozione al Santo di “beddu Vilasi” era, allora, incredibile in quei tempi di tanti anni fa, ma, oggi, si è, purtroppo, diminuito sia dal nome, che dalle parole e di molte altre, ormai, perdute. Per “Vilasi” lo usavano per molti loro figli degli anziani, come dire che, ora, non esistano più centinaia di un Biagio e che sono diventati ormai rarissimi. E “li baculiddi”, ancora adesso, molti li mangiano di quei piccoli biscotti, ma, sicuramente, non sanno che cosa significasse e che cosa vuol dire in italiano. Molti pensano che “baculiddi” e “cudduredda” siano quasi uguali dei biscottini, come dire che è la stessa cosa. Ma la “cudduredda”, o di “cuddura”, significa che il Traina, nel suo vocabolario, si scrive di una “focacciuola o stiacciatina fatta a foggia di ciambella con pasta e zucchero”! Mentre da “li baculiddi”, o di “bàculu”, è come di un “bastone vescovile”, definito pure del “bacolo e pastorale”, che si trova a sinistra nella statua proprio del pastorale dal Vescovo San Biagio. E nei “baculiddi” si mangiano quei loro biscottini con dei piccoli rotondi, ma che appunto si pregavano pure al loro “bacolo pastorale” del vescovo di “Vilasi”! Questo Santo, sia in Sicilia, in Italia, all’estero, in Russia, in particolare sulla Croazia ortodossa, dove ci sono andato pure io un po’ di anni fa, ed è stato sempre, un veneratissimo e considerato come di un “taumaturgico” anche dal suo corpo. Accanto al nostro Santo “Vilasi”, come in altre chiese, dappertutto, a destra si vede sempre che c’è un piccolo ragazzo che fu salvato da una lisca di pesce nella gola! Ed il nostro “Biagio Santo” vennero subito invocata da tutti dei mali, non solo della gola, ma soprattutto dalla nostra guarigione di tutte delle malattie così infettive e patologiche! Alleluia!