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Caltanissetta. Borsellino, Contrada: “Il giorno dopo le stragi Tinebra mi chiese di aiutarlo nelle indagini”

Redazione

Caltanissetta. Borsellino, Contrada: “Il giorno dopo le stragi Tinebra mi chiese di aiutarlo nelle indagini”

Mer, 09/06/2021 - 16:34

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Il giorno dopo la strage di via D’Amelio, l’allora Procuratore di Caltanissetta, Gianni Tinebra, che coordinava l’inchiesta, chiamò l’allora dirigente dei servizi segreti Bruno Contrada, per chiedergli un aiuto. Lo ha raccontato lo stesso Contrada durante l’audizione davanti alla Commissione regionale antimafia all’Ars. “All’incontro eravamo soli, io e Tinebra, che conobbi in quella occasione”, racconta. “Mi disse: ‘Mi trovo in grosse difficoltà, perché io di mafia palermitana sono all’oscuro e non niente. In questi pochi giorni che sono stato a Caltanissetta mi sono reso conto che si sta organizzando la Dia, ma sono persone che non credo abbiano competenza ed esperienza di mafia’ e mi chiese se ero disposto a dargli una mano”, ha detto ancora Contrada.

“Io gli dissi, sotto l’impulso dei miei sentimenti per la morte degli agenti ‘Signor Procuratore, io sono a disposizione ma io non posso svolgere indagini perché non sono più funzionario di polizia giudiziario, sono nei servizi”, racconta ancora Contrada rispondendo alle domande del Presidente Claudio Fava. “E gli dissi che non avevo più alcuna competenza sulla Sicilia ma come Sisde avevo competenza su Roma e il Lazio – dice ancora – e che un mio eventuale intervento a livello informativo doveva essere svolto in piena intesa con gli organi si polizia giudiziaria.

Non volevo che il mio intervento potesse intralciare le indagini della Pg, ecco perché poi ebbi contatti con il capo della Mobile Arnaldo La Barbera, lo invitai a venire nei locali del Sisde e telefonai al generale Antonio Subranni, che era il comandante del Ros che conoscevo benissimo. Eravamo anche amici, e mi disse che della strage si stava occupando il maggiore Obinu del Ros e lo invitai di venire al centro Sisde per riferirgli il mio contatto con il Procuratore della Repubblica”. “Io dissi al Procuratore, tra le varie obiezioni che avevo fatto, avrei dovuto avere il placet dei miei superiori diretti, che erano tre”.

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