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L’intercettazione della DDA. Falcone e Borsellino “vittime di un incidente sul lavoro”

Redazione 1

L’intercettazione della DDA. Falcone e Borsellino “vittime di un incidente sul lavoro”

Lun, 04/11/2019 - 22:51

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Intercettato dalla Dda, il direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani e assistente parlamentare di una deputata si fa beffe dei magistrati uccisi dalla mafia e vorrebbe cambiare nome all’aeroporto di Palermo

“All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perché dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda… Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?”.

Così Antonello Nicosia, direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti, nonché di assistente parlamentare, si esprime in una conversazione intercettata recentemente dalla Dda di Palermo che lo ha fermato stanotte con l’accusa di associazione mafiosa nell’operazione “Passepartout” di Gico e Ros.

“Ma poi quello là (Falcone, ndr)” proseguiva “non era manco magistrato quando è stato ammazzato… aveva già un incarico politico, non esercitava…”. Secondo i pubblici ministeri Nicosia avrebbe veicolato all’esterno messaggi provenienti da mafiosi detenuti nei penitenziari sparsi nella Penisola. Accessi quest’ultimi che avvenivano grazie al suo ruolo di direttore della onlus e di consulente giuridico psicopedagogico della deputata (ex Leu appena passata con Italia Viva) Giuseppina Occhionero.

Nicosia, 48 anni, di Sciacca, nel novembre scorso è stato inoltre eletto nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso di Radicali Italiani. Dalle indagini della Dda palermitana guidata da Francesco Lo Voi – iniziate cercando il boss latitante Matteo Messina Denaro – Nicosia, sarebbe stato in contatto con il boss mafioso, anche lui saccense, Accursio Dimino, scarcerato nel 2016 e detenuto anche al 41 bis, ritenuto molto vicino al defunto capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo.

Nicosia, accusato di associazione mafiosa, riteneva di avere la chiave di accesso ai penitenziari della Penisola e di potere così, secondo l’accusa, veicolare i messaggi dei boss. Gli inquirenti parlano di “uso strumentale”, da parte di Nicosia, “del rapporto di collaborazione instaurato con una parlamentare”. La deputata – che non è indagata – dovrebbe essere sentita nei prossimi giorni dai pubblici ministeri del capoluogo siciliano.

Cariche funzionali, quelle di Nicosia, in base alle indagini del Ros dei carabinieri e dal Gico della Guardia di Finanza, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Francesca Dessì e Calogero Ferrara, all’obiettivo di tessere relazioni con i capimafia, come Dimino.

Soprattutto avrebbe assicurato favori e contatti con Messina Denaro. Un ‘postino’ prestigioso e insospettabile, seppure con una condanna a 10 anni per traffico di droga, ma anche questa, tutto sommato, utile alla narrazione del suo personaggio, conoscitore delle dinamiche carcerarie che asseriva di volere cambiare.

Ma ecco le frasi che hanno incastrato Nicosia:

“Messina Denaro mi mandi 1 milione per il mio progetto”

 “Giratevela a Matteo… così mi finanzia il progetto, mi manda un milione di euro… Ringrazia… minchia ringrazia… ci vuole il contributo, il contributo della famiglia, per quello che faccio”, parlava così Antonello Nicosia in una delle intercettazioni. Il riferimento, secondo gli inquirenti era a un progetto inerente le carceri. Qualcosa che sembrerebbe interessasse al latitante Matteo Messina Denaro, ma per il quale l’assistente parlamentare che si occupava di detenuti, chiedeva un “contributo” e non semplici ringraziamenti da parte del boss.

“Grazie alla deputata mi giro le carceri anche al 41 bis”

“Mi giro le carceri, visto che non potevo entrare, così con lei entro. E basta, vado al 41bis…”. Antonello Nicosia, in un colloquio intercettato, appare soddisfatto di questa possibilità: riuscire a trovare i boss in carcere, anche se reclusi al 41 bis, grazie al suo ruolo di assistente parlamentare di Occhionero. “Faccio un sacco di cose, hai capito – aggiunge l’uomo – ho trovato questo escamotage”. E ancora: “Se ci vado come Radicale a fare la visita, devo chiedere l’autorizzazione al Dap che lo dice poi al direttore: ‘giorno tot viene Nicosia a farti la visita’… e che minchia di visita è… con un deputato invece ci vado all’improvviso. Entro di notte pure… ad Agrigento ci sono andato di notte”.

“Devo visitare tutte le sezioni”

Il fine dell’incarico di collaborazione di Antonello Nicosia viene captato in una conversazione che lo stesso intrattiene con il boss Accursio Dimino, anche lui fermato per associazione mafiosa dalla Dda di Palermo. Scrivono i pm: “L’escamotage” consentiva innanzitutto di sfuggire alle inevitabili verifiche del Dap preliminari all’autorizzazione all’accesso e, inoltre, di visitare tutte le sezioni dell’istituto penitenziario”. Dice Antonello Nicosia: “Allora, se io ci vado senza deputato a fare la visita, ci vado come Radicale, devo chiedere l’autorizzazione al Dap. Con un deputato… ci vado all’improvviso, capito? E chiudono la porta”.

Nicosia continua a spiegare: “Con il deputato ci devo andare, per forza… tesserino della Camera e il Deputato insieme, non ci posso andare da solo…”. Inoltre Nicosia rivela al boss Dimino che, con questo sistema, lui poteva visitare i detenuti ance in cella e nelle sezioni: “Io voglio vedere la mappa, io voglio sapere dove sono le celle perché voglio visitare tutte le sezioni… ho acchiappato così un commissario, gli ho detto… ascolti, ma lei veramente pensa che io oggi è domenica, sono venuto qua a perdere tempo? Deve aprire la… la sezione… tutto lo devo visitare, io tutte, tutto”.

“Mi sono fatto dare un blocco di carta intestata della Camera”

Il 15 gennaio 2019, Occhionero e Nicosia parlano di pregressi incontri con Santo Sacco, consigliere provinciale, ex consigliere comunale di Castelvetrano, sindacalista della Uil e infine definitivamente condannato quale componente della famiglia mafiosa di Castelvetrano, per conto della quale aveva intrattenuto un rapporto epistolare con il latitante Matteo Messina Denaro. Secondo i pubblici ministeri, “nel prosieguo del dialogo, si comprendeva che Santo Sacco, in carcere, aveva ricevuto dal Nicosia una lettera scritta su carta intestata della Camera dei Deputati… che non è sottoposta a limitazioni e controlli in quanto proveniente da membro del Parlamento”.

Il dialogo, aggiungono i pm, “lasciava intuire che il Nicosia era addirittura riuscito a procurarsi uno strumento sottratto direttamente dalla legge a qualsiasi verifica, per comunicare con gli associati mafiosi detenuti”. Dice Nicosia: “A Trapani hai visto… lui è convinto che comanda lui a Trapani perché quello è amico suo il comandante… la carta intestata della Camera, cioè io sono Santo Sacco, pure qua dentro, capito, la carta intestata della Camera”.

La deputata chiede (a Nicosia) se gli e’ piaciuta e Nicosia risponde: “Ma certo, la carta intestata della Camera, gli potevo mandare una cosa cosi’? Mi sono fatto dare un blocchetto di carta intestata Camera dei Deputati”: Occhionero: “Bravo!”. E Nicosia: “Con la firma sotto perché ho firmato tutte e due, gli ho messo Onorevole… e lui questa cosa la porterà in giro come fidanzata… sezione sezione. Io sono Santo Sacco, io sono Santo Sacco anche in galera! Ed il primo ministro (Matteo Messina Denaro, ndr) è sempre a Castelvetrano … non si scherza (ride)”. Occhionero: “A posto … (ride)”.

“Nessun problema” se lo uccidiamo in Marocco

Il 29 gennaio 2018 è stata intercettata una conversazione fra Accursio Dimino e Antonino Nicosia nel corso della quale i due progettavano la commissione di un omicidio in danno di “Cavataio, un’altra cosa inutile”, imprenditore saccense (“è il più ricco di Sciacca”), con interessi economici anche nel nord Africa, e due figli. E così Accursio Dimino e Nicosia – che stavano organizzando una trasferta negli Stati Uniti – ipotizzavano di passare per il Marocco (Dimino: “Gacciamocelo un giro lì in Marocco e ce lo chiamiamo”) e compiere là l’omicidio. Ciò che si doveva fare, per il mafioso, era “levarlo di mezzo” e farlo in Marocco – Nicosia diceva “lì problemi non ce ne sono” – avrebbe avuto il vantaggio di ostacolare la loro identificazione, il movente dell’omicidio e le investigazioni.

AGI