Salute

Pilota di Campofranco morì in volo, l’Anas non riconosce la morte in servizio

Carmelo Barba

Pilota di Campofranco morì in volo, l’Anas non riconosce la morte in servizio

Ven, 12/10/2018 - 07:20

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Il ricordo di una persona amata sbiadita dal senso di ingiustizia. Una battaglia penosa appesantita da un dolore ancora vivo e lacerante. I familiari di Salvatore Scannella, dipendente dell’Anas e pilota di ultraleggeri di Campofranco, alla sofferenza per la scomparsa del congiunto devono anche subire la beffa di un datore di lavoro che non intende riconoscere dei diritti. La triste vicenda che riguarda Salvatore Scannella ha un’origine drammatica il 21 marzo dell’anno scorso: come ogni mattina “Totò” va al lavoro, poi dopo un’ora di servizio “va in trasferta”. A bordo del suo ultraleggero vola sulla SS 640, l’Agrigento- Caltanissetta, la cosiddetta “strada degli scrittori”: raddoppio fresco di cantiere a pochi giorni dal taglio del nastro. “Mio padre – racconta Francesco Scannella – quella mattina su incarico e autorizzazione dei suoi diretti superiori, si era messo a bordo del suo Tecnam per effettuare delle riprese aeree su alcuni nuovi lotti prossimi all’apertura al traffico”. Poi però la tragedia. Il Tecnam, al chilometro 15 del bivio di Favara urta dei cavi elettrici e precipita, uccidendo sul colpo il pilota. Da quel momento al calvario personale, per la famiglia Scannella si aggiunge pure il calvario giudiziario. “Mio padre – afferma il figlio Francesco – si trovava in volo per conto e nell’esclusivo interesse di Anas tant’è che è precipitato in un tratto stradale della SS 640. Incredibilmente però la società ancora ad oggi non intende assumersi alcuna responsabilità sulla tragedia”. Nel frattempo la Procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta, decidendo però di archiviare il filone sulle responsabilità da addebitare al direttore regionale di Anas Valerio Mele. La famiglia Scannella a quel punto si è opposta all’archiviazione. Il gip di Agrigento ha accolto l’istanza e lo scorso 19 settembre si è tenuta l’udienza. Qui la famiglia, difesa dagli avvocati Francesco Turoni ed Elisa Butera, ha cercato di controbattere presentando alcuni punti a proprio favore, contestando in primis la perizia secondo cui il velivolo non aveva l’autorizzazione necessaria a sorvolare la zona alla quota alla quale volava al momento dell’impatto letale con i cavi dell’alta tensione. “Come ha scritto il nostro consulente di parte – chiarisce Francesco Scannella – gli ultraleggeri hanno altri limiti di quote e mio padre stava volando alla quota giusta per effettuare le riprese e non ha avuto nessuna colpa se chi di dovere non aveva provveduto a segnalare i cavi con i consueti dispositivi. Dinanzi al gip abbiamo richiesto nuove indagini che approfondiscano e confermino questi veritieri fatti e un accertamento più approfondito sulle responsabilità delle alte sfere di Anas che avevano espressamente chiesto e autorizzato gli “speciali” servizi di mio padre per i fini istituzionali della società”.  Sulla vicenda l’Anas, da noi contattata, ha fatto sapere che nelle prossime ore interverrà con una nota per meglio chiarire i contorni della vicenda. Una vicenda la cui drammatica origine è datata 21 marzo 2017, quando, alla vigilia dell’inaugurazione del raddoppio sulla SS640, l’Agrigento- Caltanissetta, Totò Scannella, operaio Anas con la passione per gli aerei, a bordo di un ultraleggero si schiantò al suolo dopo un impatto con dei cavi elettrici. Da sempre la famiglia di Scannella ha sostenuto che il proprio congiunto stava realizzando delle immagini dall’alto su dei nuovi lotti di cantiere completati. Anas invece non ha mai voluto assumersi le responsabilità su quella “trasferta nel cielo”. In questo modo la società si è opposta anche all’assunzione di Francesco in quanto figlio primogenito di un lavoratore “caduto” in servizio, come d’altronde prevede il contratto nazionale. Francesco Scannella per fare valere il suo diritto si è rivolto al Giudice del lavoro di Caltanissetta (GITA)