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Mussomeli, dal Consiglio Provinciale al Salone Internazionale del Libro. Storia di Salvuccio Bellanca

Redazione

Mussomeli, dal Consiglio Provinciale al Salone Internazionale del Libro. Storia di Salvuccio Bellanca

Mer, 18/05/2011 - 19:00

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MUSSOMELI- Oramai da qualche tempo Mussomeli si è riscoperta, oltre che terra di artisti di grande spessore anche come “palestra” per molti scrittori in erba. Numerosi i testi che sono stati “sfornati” nell’ultimo anno, che invadono le librerie non solo di Mussomeli, ma spesso di tutta la regione. Va ricordato per onor di cronaca, che Mussomeli può fregiarsi anche di presenziare le librerie internazionali attraverso i gialli di successo prodotti dall’oramai famoso e pluripremiato Roberto Mistretta. Un manifesto di un evento tenutosi qualche anno fa a Sutera e affisso in un ufficio del Distretto Sanitario locale, reca la firma nonché la dichiarazione dell’indimenticabile Ignazio Buttitta che testualmente recita: “’Na casa senza libra jè comu ‘na staddra senza armari. Li porci e li scecchi nun ligginu”. Un invito alla lettura e perché no, alla scrittura che sembra aver raccolto Salvuccio Bellanca, consigliere provinciale P.D. e autore del libro “Il campiere di Terracotta”. La prefazione del libro è di Roberto Mistretta, segno inconfutabile della volontà dell’autore di “marchiare” il suo testo a fuoco con la scritta: “Made in Mussomeli”. Il libro, che sembra riscuotere un buon successo di libro e di critica, è stato anche presente e come confermato dall’autore, al recente Salone Internazionale del Libro di Torino, varcando imperiosamente i confini della Manfrida della narrazione per puntare direttamente verso mete più ambiziose.  Un battesimo probabilmente inaspettato per Bellanca che comunque, da par suo, mantiene un  aplomb che lo ha sempre contraddistinto nella sua giovane nonché brillante carriera politica in continua ascesa. Smessi i panni del politico Bellanca indossa quelli del provetto scrittore, puntando dritto a quella che è la storia del nostro territorio ed infarcendo tutto il racconto di termini in dialetto stretto, a riprova della stima immensa nei confronti di Cammilleri verso il quale Salvuccio trasuda davvero una ammirazione quasi sconfinata. Tant’è che ci tiene a precisare che il suo non è un racconto ma un cuntu, così come li ha sentiti narrare dagli anziani e allo stesso modo di come lo avrebbe fatto il nonno Vincenzo che l’autore non ha conosciuto e  a cui il libro è dedicato. Pathos e ilarità, atrocità e generosità, sono i temi attraverso i quali Bellanca ripercorre l’immediato dopoguerra, dove banditi del calibro di Salvatore Giuliano incutevano terrore solo a pronunciarne il nome. Un susseguirsi di rapidi e repentini cambiamenti di azione in un “teatro” che, cuntu e fantasia a parte, è stato quello vissuto dalla quasi totalità dei manfridani o mussomelesi dell’epoca. Il libro è edito e distribuito da Sampognaro e Pupi

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