Salute

Caltanissetta, allarme Lavoro post Covid: 41,2% per occupazione femminile

Redazione 2

Caltanissetta, allarme Lavoro post Covid: 41,2% per occupazione femminile

Lun, 06/09/2021 - 11:53

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Allarme lavoro nel Mezzogiorno. L’emergenza sanitaria seguita alla pandemia da Covid-19 ha avuto ripercussioni rilevanti sul mercato del lavoro, in particolare sulle componenti più vulnerabili, giovani, donne e stranieri, che già partivano da condizioni occupazionali più difficili. Il tasso di occupazione della popolazione in età compresa tra 20 e 64 anni in media Italia è sceso al 62,6% (era 63,5% nel 2019).

Nonostante il calo abbia riguardato maggiormente il Nord del Paese, più colpito nella prima ondata pandemica del 2020, “lo svantaggio del Mezzogiorno rimane elevatissimo”, con un tasso di occupazione del 48%, rispetto al 71,5% del Nord e al 67,4% del Centro. E’ quanto rilevato dall’Istat che ha diffuso le ‘Misure del Benessere equo e sostenibile dei territori’. I cali di occupazione più ingenti si osservano sia per alcune province del Mezzogiorno, come Sassari, dove il tasso di occupazione per le persone di 20-64 anni passa da 59,7% del 2019 a 53,6% (-6,1 punti percentuali), Vibo Valentia (-4,5 p.p.) e Siracusa (-4,1 p.p.), sia tra le province del Nord, tra cui Cremona (-4,5 p.p.) e Vicenza (-4 p.p.).

Tra le donne cali consistenti si rilevano anche nelle province di Benevento, Rovigo e Belluno. Nel 2020 le prime quattro province con i valori più elevati del tasso di occupazione sono nel Nord-est. La migliore in assoluto risulta Bolzano (77,2%), seguita da Bologna (76,6%), Forlì-Cesena (75,3%) e Trieste (75,1%). Quinta è Firenze (74,3%).

All’opposto, tutte le province del Mezzogiorno si collocano nella coda della graduatoria nazionale.

Le più penalizzate sono Crotone (35,6%) Vibo Valentia (40,0%), Caltanissetta (41,2%), Napoli (41,4%) e Foggia (42,6%). Tra il 2010 e il 2020 il tasso di occupazione è aumentato nella maggioranza delle province. Ciononostante è cresciuto anche il gap tra i territori, specialmente per gli uomini.

La distanza tra la provincia con il tasso di occupazione maschile più basso e quella con il tasso più elevato passa da 27,8 punti percentuali nel 2010 a 36,4 p.p. nel 2020. Per le donne il divario territoriale, già molto ampio nel 2010 (44,2 punti percentuali di differenza tra la provincia con il tasso di occupazione femminile più alto e quella con il tasso più basso) aumenta ulteriormente nel 2020, arrivando a 48,4 punti percentuali. Le giornate retribuite nell’anno misurano il grado effettivo di partecipazione all’occupazione dei lavoratori dipendenti e disegnano differenze piuttosto nitide tra le aree del Paese, riflettendo anche la diversa incidenza dell’occupazione discontinua e stagionale nei territori. L’indicatore, di fonte Inps, è calcolato come rapporto percentuale tra le giornate di lavoro complessivamente retribuite nell’anno ai lavoratori dipendenti e il massimo teorico (le 312 giornate annue di un dipendente occupato a tempo pieno). La media Italia, nel 2019, è del 78% ma il valore dell’indicatore sale all’86% a Lecco, prima in Italia, e scende al 59% a Vibo Valentia. Anche nel 2019 i livelli più elevati si registrano nelle province del Nord Italia, tra cui Lecco, Vicenza, Lodi, Bergamo e Biella (tutte con valori superiori all’84%).

All’opposto, le cinque province con le percentuali più basse di giornate retribuite nell’anno sono nel Mezzogiorno: oltre a Vibo Valentia, Nuoro, Foggia, Salerno e Trapani, tutte con valori compresi tra il 64% e il 65%. Nessuna provincia o città metropolitana del Mezzogiorno raggiunge la soglia delle 80 giornate su 100 mentre nessuna provincia del Nord-ovest scende sotto le 70 giornate su 100, il valore minimo toccato ad Aosta. I minimi del Nord-est e del Centro sono invece rappresentati da Rimini (66%) e Grosseto (69%).

Cresce anche il numero di giovani inoccupati che non cercano lavoro.

Dopo alcuni anni di diminuzione, la percentuale di giovani che non lavorano e non studiano (Neet) torna a salire, raggiungendo nel 2020 il 23,3 per cento in media-Italia (+1,1 punti percentuali rispetto al 2019). Il trend e’ accentuato al Nord (16,8 per cento; +2,3 punti) e al Centro (19,9 per cento; +1,8 punti).

Il Mezzogiorno, che registra invece una contrazione modesta (-0,4 punti), resta comunque su livelli doppi rispetto al Nord, con circa un giovane di 15-29 anni su tre che non e’ inserito in un percorso di istruzione o formazione ne’ e’ occupato (32,6 per cento). Cosi’ l’Istat nel report sugli indicatori del Benessere equo e sostenibile (Bes). La distribuzione tra le province mostra una evidente divaricazione tra l’area del Nord-est e la Sicilia, dove la quota di Neet tocca il 40 per cento a Messina, Catania e Caltanissetta. Tuttavia, la provincia con il valore piu’ alto del tasso e’, anche nel 2020, quella di Crotone (48 per cento), che marca una distanza notevole da Pordenone (10,7 per cento), Ferrara (11,1 per cento) e Sondrio (11,9 per cento), le province piu’ virtuose. In generale, tra il 2010 e il 2020 l’incidenza dei Neet aumenta per quasi i due terzi delle province.

Tra quelle che invece presentano una dinamica nettamente positiva si segnalano Pordenone (17,9 per cento nel 2010; -7 punti percentuali) e Brescia (14,7 per cento nel 2020 da 21,6 per cento). Nel Mezzogiorno le evoluzioni positive piu’ marcate emergono per Matera (24,5 per cento, -8 punti percentuali rispetto al 2010) e Brindisi (28,9 per cento da 36,8 per cento).

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