Salute

Mussomeli, Guardia medica e porta forzata

Carmelo Barba

Mussomeli, Guardia medica e porta forzata

Gio, 26/10/2017 - 07:30

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MUSSOMELI –  “L’altra sera mia moglie, in servizio di Guardia Medica a Mussomeli, ha ricevuto una telefonata molesta da parte di un tizio volgare e scurrile. Quella che insomma si può definire una telefonata a luci rosse da parte di un molestatore. Lei ovviamente s’è preoccupata non poco e visto che in quell’ambiente non si sente al sicuro per via della porta esterna che non si chiude bene, tant’è che chiunque, spingendola può entrare senza difficoltà, ho dovuto dormire  in Guardia medica, per non lasciarla da sola. Racconto questo episodio per sensibilizzare e chiedere a chi di competenza di attivarsi senza indugio per far sì che chi lavora in questi ambienti, già di per sé a rischio, metta in atto tutte le misure, per altro previste dalla legge, per garantire la sicurezza sul posto di lavoro, ovvero porte a prova di sfondamento finestre con grate di protezione, sistema di videosorveglianza e videocitofono, sistema di allarme collegato con le forze dell’ordine. Purtroppo gli episodi di cronaca che hanno interessato le violenze in Guardia medica, da ultimo la dottoressa violentata nel catanese, non sono un’invenzione giornalistica e serve a poco stracciarsi le vesti quando è troppo tardi. Bisogna provvedere per tempo. Io so che le segnalazioni sono state fatte e anche per iscritto nei mesi scorsi, ma finora nessuno è intervenuto e la postazione di Guardia medica non è certo un posto sicuro. Specie per i medici/donna”. Così il marito di una professionista che lavora in Guardia medica a Mussomeli, dove tale presidio si trova ubicato al piano seminterrato del Poliambulatorio di via Alessandro Manzoni. In precedenza, ovvero fino ad alcuni anni addietro, la Guardia medica era allocata all’interno della struttura ospedaliera, poi si fecero scelte logistiche diverse e quindi la Guardia medica è stata spostata altrove, ovvero nel quartiere Rione Dalmazia, all’ingresso della cittadina, per chi arriva da Caltanissetta. Il marito della dottoressa aggiunge che è già capitato diverse volte che i pazienti, magari non vedendo il campanello di ingresso, spingano la porta di ingresso che non essendo a norma né robusta, cede pressoché subito e quindi chiunque può entrare. Da qui appunto le richieste anche formali circa l’adeguamento alle norme di sicurezza della Guardia medica anche al fine di evitare aggressioni ai professionisti che vi lavorano, come purtroppo è accaduto altrove. Per altro nei mesi scorsi, proprio la Federazione degli Ordini dei medici, dopo l’ondata di indignazione generale a seguito dello stupro patito da una dottoressa in servizio di Guardia medica a Trecastagni (Ct), ovviamente priva dei necessari requisiti di sicurezza, ha chiesto che tali servizi vengano aperti presso i carabinieri. : “Qui non si tratta di prendere provvedimenti sul caso specifico, ma di ridisegnare, con interventi strutturali e di sistema, l’intero servizio di Guardia Medica e di mettere finalmente in sicurezza i nostri professionisti”. Il presidente Roberta Chersevani, ha aggiunto: “Lancio una proposta, valutiamone la fattibilità: perché non spostare le guardie mediche all’interno delle Stazioni  dei Carabinieri, che sono capillari sul territorio, o delle postazioni di Polizia? Non occorrono attrezzature sofisticate, è sufficiente quella di un normale ambulatorio”. Nell’attesa di siffatti interventi logistici che richiedono indubbiamente tempi lungi, ai medici di guardia notturna in luoghi non idonei, basterebbe un minimo di sicurezza, a cominciare da porte che non si aprano semplicemente spingendole. Ci vuole davvero così tanto a sostituirle? “Se fossero le loro mogli al posto della mia, a guadagnarsi da vivere facendo la Guardia medica di notte, vorrei vedere se non si sarebbe già provveduto” conclude amaro il marito della dottoressa. (di Roberto Mistretta)

 

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