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Mussomeli, col. Schifano: “Alt ! no, ai nostri soldati in Libia”

Carmelo Barba

Mussomeli, col. Schifano: “Alt ! no, ai nostri soldati in Libia”

Mar, 15/03/2016 - 00:01

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Iraq-estate 2004 a Nassiriya -orgoglioso d'essere stato ^._.un Soldato^-MUSSOMELI – Il colonnello della riserva dell’Esercito Calogero Schifano in una sua nota titola così il suo argomentare: “Alt ! no, ai nostri soldati in Libia”, “ I soldati hanno bisogno di conoscere chiaramente l’obiettivo, senza il quale, non si va da nessuna parte. Non facciamoci trascinare in una avventura inutile, ed altamente rischiosa. No a Peace Enforcement Operations. Vorrei tentare di fare una sintesi – senza avere la pretesa d’essere esauriente – della intricata, confusa situazione “ sul campo “, in Libia. Quella terra, per quanto si sa, è un groviglio di interessi politici, economici e militari, contrastanti, con strategie occulte ed ambigue anche da parte di potenze straniere, formalmente anche amiche. E’ uno scenario pieno di insidie; la minaccia non è chiara, la “ trincea “, non è definibile. Diecine di bande criminali, armate, senza scrupoli, vanno alla ricerca di danaro, decise a tutto. Gruppi estremisti di fanatici terroristi, si combattono e si sgozzano, tra di loro per il dominio del territorio, politicamente conteso – a macchia di leopardo – tra autorità istituzionali o di fatto. Così stando le cose, il nemico, sul terreno, può spuntare dappertutto; gli italiani, non vogliono che i propri soldati vengano mandati la. Io, non sono d’accordo all’invio di nostre truppe in Libia. E’ meglio proteggere i vitali interessi nazionali, stando “ fermi “, di scolta, schierati sul mare e sulla terra ferma, a noi prossima, in attesa di una “chiamata “, da parte di un potere istituzionale riconosciuto dalla comunità internazionale. In Libia, in atto, manca la cosi detta “ Comprehesive Approach “. Così anche ha sostenuto il generale Graziano Capo Stato Maggiore Difesa,Museo Diocesano CL 27.11.2015. In altri termini, li mancano le basi per dare risposte certe, globali, ed efficaci, idonee a favorire un sia pure minimo processo di normalizzazione, in un contesto infiammato da lotte tribali, in cui le “ sorgenti di fuoco “, sono imprevedibili. Il ministro della Difesa R.Pinotti: “ La Libia può essere stabilizzata solo con…forze locali “.25.2.2016. L’Italia non può “ entrare “…..,senza la certezza di uscirne – senza enfasi – vittoriosa. Berlusconi: “ no interventi frettolosi “, 4.3.2016. “ La guerra è una cosa seria, non è un video giuoco “, il Presidente Renzi, 6.3.2016. Il soldato obbedisce, ma deve avere noto il compito, deve sapere chi è, e dove è il nemico da combattere, deve avere chiaro, inequivocabile, l’obiettivo da perseguire. Non può essere mandato in un campo di battaglia, subdolo, paludoso, ad alto rischio, tanto per esserci. Facciamo tesoro delle “ lezioni apprese “, in Somalia, Iraq, e in Afghanistan. Il soldato italiano – d’ogni arma – è di valore; è riconosciuto, internazionalmente, il meglio, sotto il profilo umano; è professionalmente competitivo con quello dei migliori eserciti del mondo. Mandato in Libia non va a giocare, ma va a combattere, può morire, magari decapitato, ma se ciò, inevitabilmente accade, dovrà avere uno scopo imperativo, altamente remunerativo, una giusta causa, la “ tutela degli interessi vitali “ della Nazione, che si estrinseca in termini di libertà e democrazia: un valore assoluto per cui ha combattuto ed è morto”.

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