Salute

La replica di Salvatore Falzone al vice sindaco:”La penna se usata male diventa un evidenziatore di complessi e frustrazioni”

Redazione

La replica di Salvatore Falzone al vice sindaco:”La penna se usata male diventa un evidenziatore di complessi e frustrazioni”

Dom, 09/12/2012 - 18:54

Condividi su:

SAN CATALDO – E’ comprensibile che il vicesindaco avverta la necessità di bilanciare il disarmante buonismo del sindaco. Tuttavia, considerato che ci siamo lasciati alle spalle una ventennale stagione di accesi e sfibranti contrasti, e considerato soprattutto l’attuale clima natalizio, l’ing. Scarciotta corre il rischio di esagerare all’incontrario e di disorientare i cittadini, offrendo loro l’immagine di un’amministrazione bicefala e schizofrenica: che da un lato sorride e predica la pace (volemose bene e scurdammone o passato) e dall’altro ringhia e non perde occasione per rimestare beghe che hanno perso di attualità.
L’intervento del vicesindaco è davvero scomposto, oltre che – come sempre – poco elegante. Eh già: se non tenuta a bada, se non saputa maneggiare con cura, la penna può scappare grossolanamente dalle dita; e invece di ferire l’avversario con la sua punta sottile e acuminata, finisce per trasformarsi in un grosso evidenziatore: dei propri complessi e delle proprie frustrazioni.
Sul senso dell’interessamento del Sacco alle primarie locali risponderà nei prossimi giorni – così mi ha detto stamattina – Peppe Scarantino (che in realtà ha argomentato molto chiaramente il suo pensiero in proposito, col garbo che gli è proprio e che a maggior ragione fa luce di rimando sulla rabbiosa e sproporzionata reazione del vicesindaco). Per quanto mi riguarda, vorrei fare alcune osservazioni a titolo strettamente personale. Il punto che mi pare centrale è il seguente: se le urne di maggio si sono chiuse, allora abbiamo il dovere di riappacificarci – ognuno per quel che ci riguarda – con le scelte del nostro recente e differente passato elettorale. Al di là della questione primarie (da movimento civico locale abbiamo preso posizione a livello cittadino: a buon diritto e con successo), pongo all’attenzione di chi legge un interrogativo: che bisogno c’è di ritornare alla campagna elettorale e ai suoi temi specifici e contingenti? Le elezioni sono finite. C’è chi ha vinto e c’è chi ha perso. L’incendio si è spento: che senso ha (deformazioni professionali a parte) provare a riaccendere il fuoco? Il vincitore poi non dovrebbe infierire sui non vincitori (è questione di galateo). A meno che, in fondo (ma non troppo), chi ha vinto (anzi: chi ha straperso e poi si è riciclato pur di non restare senza sedia…) si consideri egli stesso un autentico e recidivo perdente. Probabilmente è questa consapevolezza che spinge il vicesindaco a comportarsi come se fossimo ancora in campagna elettorale (ma basterebbe passare dal corso principale per accorgersi che al posto del palco dei comizi c’è adesso un bel presepe). Probabilmente quella dell’ing. Scarciotta è una forma di difesa rispetto ai costanti e totali fallimenti elettorali. In ogni caso, perché – lo dico con convinzione – non proviamo comunque a guardare con maggiore serenità e distacco alla ruggente campagna elettorale di maggio?
Mi rivolgo direttamente a te, caro Gianfranco: è vero, non sei riuscito nel tuo intento, non sei riuscito a indossare la fascia tricolore (al primo turno ti sei qualificato penultimo, seguito soltanto dal candidato di Pagano), ma comunque oggi hai un ruolo importante all’interno della giunta e, soprattutto, sei tu a tirare le fila della maggioranza consiliare. Insomma, hai il comune in mano! E allora? E allora amministra, progetta, spegni le sirene e i focolai latenti, ricostruisci, condividi, allarga (ma non ti allargare troppo), coinvolgi l’opposizione, non ragionare in termini di amici-nemici… Insomma, vorrei dirti da cittadino: entra finalmente nel ruolo che legittimamente ricopri (lascia stare quello di leader politico che forse non ti si addice: anzi sicuramente, come dimostrano le ripetute batoste ricevute in occasione di amministrative, regionali e primarie). D’accordo: hai le poltrone ma non i voti? Non importa. Se la cosa non costituisce un problema per te, perché dovrebbe costituire un problema per noi? Importa piuttosto – a noi cittadini – che tu riesca ad amministrare la comunità civica facendo sempre il bene comune, quello di tutti, nel costante rispetto della legge e delle regole democratiche. Dopodiché, sappi che da parte nostra c’è tutta la volontà di confrontarci e – perché no – di collaborare nell’esclusivo interesse generale e sul piano delle idee.
Vedi, il Sacco che tu definisci “giornalino di bassa lega” è lo stesso che la tua parte politica, regnante Pagano, lodava e sosteneva pubblicamente. Tu stesso, prima che si chiudessero gli accordi per le amministrative di maggio, hai usato parole d’elogio nei nostri confronti. Ci hai invitati a cena… Volevi a tutti i costi che corressimo insieme. Allora ti domando: se il Sacco avesse sostenuto la tua candidatura invece che quella di Scarantino, oggi sarebbe un “giornalino di bassa lega?”. Ma lasciamo stare questi discorsi che non interessano nessuno e torniamo invece al tema centrale che ho voluto affrontare. Da parte nostra continueremo a criticare, proporre, riflettere: per mezzo del giornale e di incontri pubblici e iniziative varie. Perché è così, in libertà, manifestando le nostre opinioni (giuste o sbagliate, condivisibili o meno) che sentiamo di dovere vivere il nostro impegno per la collettività. Ma – ecco – la proposta che ti faccio è questa: perché non provi a chiudere definitivamente la stagione elettorale e i contrasti che l’hanno caratterizzata? Mi ritorna in mente a questo proposito (penso che possa essere uno spunto di riflessione interessante) un suggestivo concetto che lo storico francese Michel De Certeau applicava alla storiografia: essa, per lo studioso, è una sorta di elaborazione del lutto, o meglio di rito funebre, perché permette di sbarazzarsi di un cadavere che se non inumato, se non debitamente sepolto, rischierebbe di decomporsi all’aria aperta e di ammorbare l’ambiente circostante e quanti continuano a vivere. Inumare il passato, per De Certeau, non significa dimenticarlo ma ricordarlo come fatto compiuto per andare avanti.
E allora, Gianfranco, che ne dici? Lo seppelliamo questo cadavere o no?