CALTANISSETTA – Il 6 agosto non è una data qualunque. È il giorno in cui, nel 1980, Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo, veniva assassinato in pieno giorno da un commando mafioso mentre sfogliava alcuni libri su una bancarella in via Cavour. Tre colpi alle spalle, sparati con freddezza, davanti a tutti. Nessuno parlò. Nessuno vide.
Quel giorno, la mafia uccise un uomo solo, ma profondamente libero. Un magistrato che aveva deciso di firmare con coraggio i mandati di arresto contro boss di primo piano quando altri, nel suo stesso ufficio, si rifiutavano per timore. Un uomo delle istituzioni che pagò con la vita il prezzo di non aver voltato lo sguardo altrove.
Ed è proprio oggi, 6 agosto, che è doveroso ricordarlo, spiegarlo ai più giovani, trasmetterne la memoria e il significato. Perché Gaetano Costa non fu un eroe astratto o lontano: fu un figlio di Caltanissetta, la città che gli diede i natali il 1° marzo 1916, dove frequentò il Liceo Classico “Ruggero Settimo”, e dove iniziò a costruire quei valori di giustizia, rigore e responsabilità che lo avrebbero guidato per tutta la vita.
Dalla Resistenza al fronte antimafia
Magistrato integerrimo, Costa fu anche partigiano. Dopo l’8 settembre del 1943 si unì alla Resistenza combattendo in Piemonte contro il nazifascismo. Tornato alla toga, si fece strada senza cercare favori né protezioni. Dalla procura di Caltanissetta a quella di Palermo, portò con sé la lezione della sua terra: la Sicilia dell’onore, della sobrietà, della schiena dritta.
Quando fu nominato Procuratore Capo nel capoluogo siciliano, si trovò davanti un sistema giudiziario incrostato di paure, inerzie e ambiguità. Ma non esitò. Firmò gli ordini di cattura contro la potente cosca Spatola-Inzerillo, sapendo benissimo di esporsi. Rifiutò la scorta per non mettere a rischio la vita di altri. Disse: “Non posso imporre il mio rischio a dei ragazzi di vent’anni”. E andò incontro al suo destino con la fierezza di chi non cerca la gloria, ma fa il proprio dovere.
Un testimone scomodo, un simbolo da non dimenticare
Costa fu ucciso nel silenzio di un’estate rovente, senza clamori, senza funerali di Stato. Per troppo tempo la sua figura è rimasta nell’ombra, quasi scomoda da ricordare, proprio perché dimostrava quanto si potesse essere giusti anche nel cuore del sistema.
Ma oggi, la sua memoria va riaffermata con forza, soprattutto per le nuove generazioni, che rischiano di crescere senza conoscere chi, in nome della giustizia, ha dato la vita. Parlare di Gaetano Costa è un atto di verità e di civiltà.
L’orgoglio di una città
Caltanissetta deve essere orgogliosa di aver generato un uomo come Gaetano Costa. Il suo coraggio, la sua solitudine, la sua fermezza nascono in questa città. E in questa città devono tornare, come segno di identità, come esempio alto da raccontare ai ragazzi, come DNA morale da non disperdere.
Ricordarlo il 6 agosto non è solo un tributo. È una scelta. È dichiarare da che parte si sta. È dire che, anche nelle pieghe più oscure della storia siciliana, ci sono stati uomini di luce. E che quella luce è nata a Caltanissetta.

