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Rassegna Stampa. Caltanissetta, Omicidio Adnan: 2 imputati escono di scena

Vincenzo Pane - La Sicilia

Rassegna Stampa. Caltanissetta, Omicidio Adnan: 2 imputati escono di scena

Sab, 26/06/2021 - 15:30

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Prima udienza e primo colpo di scena nel processo per l’omicidio del pakistano Adnan Siddique e per i presunti episodi di caporalato a Caltanissetta. Gli atti riguardanti due dei nove imputati, e cioè Muhammad Shoaib, 28 anni, e Bilal Ahmed inteso “Muhammad Bilal”, 24 anni, torneranno in Procura perché si riparta da zero con l’iter processuale.

I due avevano chiesto l’interrogatorio nel corso della fase di indagini, ma la Procura non lo aveva disposto. La Corte d’assise presieduta da Roberta Serio, con a latere Simone Petralia, ha accolto l’eccezione su questo aspetto, presentata dagli stessi pm Chiara Benfante, Stefano Strino e Massimo Trifirò e già avanzata in udienza preliminare dagli avvocati difensori Salvatore Baglio e Rosario Di Proietto. Una prima udienza celebrata nel caldo torrido dell’aula della Corte d’assise intitolata a Giuseppe Alessi, al secondo piano del palazzo di giustizia, dove i condizionatori non sembrano funzionare a dovere e che inoltre fatica a contenere la nutrita rappresentanza delle parti tra accusa, difesa e parti civili, oltre a un po’di pubblico, compresa qualche parte offesa.

L’udienza preliminare si era infatti svolta nella ben più capiente aula bunker del carcere “Malaspina”, dove il processo riprenderà ad ottobre con l’audizione dei primi testimoni. Gli imputati detenuti hanno assistito all’udienza in videoconferenza, collegati dalle case circondariali in cui sono ristretti. In aula due interpreti che, dal banco dei testimoni, hanno tradotto dall’italiano ai dialetti pakistani le eccezioni presentate dalla difesa e le decisioni della Corte.

Oltre ai primi due sono sotto processo anche Muhammad Sharjeel Awan, 21 anni, Ali Imran inteso Cheema, 29 anni, Nawaz Muhammad, 33 anni – che rispondono innanzitutto dell’omicidio di Adnan Siddique – e poi anche Sehzad Khuram, 34 anni, Arshad Muhammad, 38 anni, Muhammad Mehdi, 49 anni e la canicattinese Giada Giarratana, 22 anni. Difensori gli avvocati Salvatore Baglio, Massimiliano Bellini, Riccardo Contardi, Giuseppe Dacquì, Giovanni Di Giovanni, Vanessa Di Gloria, Rosario Di Proietto e Diego Giarratana.

I giudici hanno inoltre respinto altre eccezioni di nullità della difesa, in quanto agli imputati era stato notificato il decreto di fissazione dell’udienza preliminare senza la traduzione in pakistano. Altre eccezioni della difesa, respinte anch’esse, hanno riguardato il fatto che l’udienza preliminare (celebrata tra l’1 e il 2 giugno scorsi), per alcuni imputati detenuti fuori dalla Sicilia, era stata fissata con termini ritenuti non congrui. Parti civili i familiari di Adnan Siddique, il Comune di Caltanissetta, il Movimento volontariato italiano (Movi) con l’avvocato Salvatore Patrì, la comunità “I girasoli” di Milena e alcuni ospiti della stessa con l’avvocato Giovanni Annaloro.

E poi anche l’associazione “Proxima”, la Cgil, la Federazione lavoratori agro industriali (Flai) di Caltanissetta e alcune vittime delle presunte vessazioni degli imputati con gli avvocati Adriana Vella, Monia Giambarresi, Stefania Giambra, Jennifer Guarino, Lia Minacapilli, Graziano Baglio, Marco Lomonaco e Giuseppe Orlando. L’inchiesta di carabinieri e polizia aveva consentito di ricostruire il quadro indiziario legato al delitto e ai casi di caporalato. Il 3 giugno dello scorso anno un commando di stranieri si introdusse nella casa di via San Cataldo dove viveva Adnan Siddque, che aveva 32 anni, stando alla ricostruzione della Procura.

I killer utilizzarono due coltelli, una bottiglia e un cacciavite, colpendolo ripetutamente, infliggendogli 26 ferite che lo portarono alla morte. Un agguato feroce perpetrato perché Adnan, secondo quanto emerso finora, aveva aiutato alcuni suoi connazionali che lavoravano come braccianti a denunciare episodi di sfruttamento sul lavoro. Agli imputati, a vario titolo, sono contestate pure le accuse di associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzata allo sfruttamento di lavoratori stranieri, una serie di reati come intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, rapina, estorsione, lesioni personali, violazione di domicilio, minaccia e porto abusivo di armi. In totale sono ben 42 i capi di accusa. E proprio lo sfruttamento sul lavoro, definito appunto caporalato, era stato gestito – sempre secondo l’accusa – da alcuni degli indagati che avrebbero operato come una vera e propria organizzazione criminale, tanto che a otto indagati viene contestato il reato associativo di tipo mafioso e l’aggravante di avere portato avanti le finalità di tale organizzazione risulta anche per gli accusati dell’omicidio.

Quadro a cui si aggiunge anche l’aggravante dell’associazione armata. Tra gli episodi finiti al centro delle indagini l’irruzione in una comunità di Milena per picchiare un minorenne che aveva avuto un diverbio con uno degli indagati. E poi anche le richieste di denaro alle persone offese a scopo estorsivo.

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