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Borsellino non fu sentito a Caltanissetta. Brutti ricorda all’antimafia ARS la “curiosa scelta”

Redazione 2

Borsellino non fu sentito a Caltanissetta. Brutti ricorda all’antimafia ARS la “curiosa scelta”

Mar, 08/06/2021 - 15:17

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“Se mi e’ consentita una valutazione su quei 57 giorni intercorsi tra le due stragi di Capaci e via d’Amelio, salta agli occhi in questo periodo di tempo l’isolamento di Borsellino”.

Cosi’ Massimo Brutti, gia’ presidente comitato controllo sui servizi, ascoltato dalla commissione Antimafia dell’Ars, presieduta da Claudio Fava, sul depistaggio della strage di via D’Amelio.

“Il fatto che non sia stato sentito dai magistrati di Caltanissetta e’ anche una scelta molto curiosa – ha sottolineato – e d’altro canto il coordinamento, ossia il collegamento tra l’attivita’ di Borsellino che in quel momento era molto intensa, e invece le indagini sulla strage di Capaci svolte da Caltanissetta, era assicurato in modo del tutto improprio e informale da un magistrato che era stato applicato a Palermo.

Ho conosciuto piu’ Falcone che Borsellino ma di lui posso dire che era una persona rigorosa, gelosa del suo lavoro, rispettoso delle regole. E figuriamoci se il collegamento poteva essere determinato dall’incontrare qualche volta a pranzo questo magistrato”.

Una scelta del “tutto carente” proprio in momento in cui l’attivita’ di Borsellino era diventata “particolarmente rilevante in quel periodo perche’ cominciava a collaborare con lui Mutolo. Riteneva che da lui potesse sapere molte cose e che le sue deposizioni erano molte significative”.

Successivamente, rispondendo a una domanda del presidente della commissione, Claudio Fava, che ha chiesto il motivo di una interpellanza presentata nel maggio del 1993 al governo dell’epoca per una valutazione sull’uso dei servizi nella lotta contro la mafia, Brutti ha risposto: “Noi avevamo la sensazione che le stragi avessero una valenza che non poteva considerarsi soltanto legata all’interesse immediato o anche di medio periodo di Cosa nostra – ha spiegato -.

Perche’ gia’ nel 1992 eravamo colpiti dal fatto che vi fossero state due stragi di quella portata, a poca distanza l’una dall’altra. C’e’ un solo precedente nella storia dell’Italia repubblicana, nel 1974, un anno di mutamenti politici e anche di sommovimenti negli apparati dello Stato. Li’ ci sono due stragi una dietro l’altra, prima Brescia e poi il treno Italicus.

E la stessa cosa avviene in quella estate del 1992″. Eppure, la risposta a fatti di questo genere non puo’ che essere costituita da “una forte intensificazione dell’attivita’ repressiva dello Stato – ha aggiunto Brutti -. Certo, Riina era convinto che si dovesse fare la guerra per poi fare la pace.

Ma farla in queste forme significa dare per scontato che ci sara’ un momento difficile per la mafia. Quindi bisogna guardare con attenzione a quale era il ruolo dei servizi in quel momento”.

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