Salute

I sanitari lanciano l’allarme: “Ospedali sotto pressione, temiamo il peggio”

Redazione

I sanitari lanciano l’allarme: “Ospedali sotto pressione, temiamo il peggio”

Medici d'urgenza e infermieri sono convinti che l'Italia sia solo in ritardo di qualche settimana rispetto agli altri Paesi europei sull'andamento della curva epidemica
Dom, 10/01/2021 - 18:34

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Negli ospedali italiani il Covid non ha mai allentato la presa e nelle prossime settimane la situazione potrebbe precipitare. E’ il timore degli operatori in trincea, dai medici d’urgenza agli infermieri, che sono convinti che l’Italia sia solo in ritardo di qualche settimana rispetto agli altri Paesi europei sull’andamento della curva epidemica.

“Se avremo una ripresa dei contagi nella prossima settimana andremo di nuovo alla saturazione del sistema ospedaliero. Il calo dei contagi è molto più lento oggi rispetto alla prima ondata e nell’ultima settimana si è notato una ripresa per quanto riguarda ordinari di malati Covid sia di quelli critici”, commenta all’AGI Carlo Palermo, segretario dell’associazione medici ospedalieri Anaao. “Siamo ancora sulla soglia dell’occupazione critica. E il pericolo di una ripresa dei contagi oggi è ben superiore rispetto alla ripartenza di settembre perché si parte da un’occupazione di posti letto già molto alta”, spiega Palermo. “Grazie alle misure di distanziamento il tasso di influenza è rimasto basso. Se dovesse aumentare avremmo una tempesta perfetta”.

Nei pronto soccorso “la condizione di super lavoro è stazionaria”, dichiara all’AGI Salvatore Manca, presidente della società Italiana di medicina di emergenza-urgenza. Presi d’assalto da pazienti con sintomi Covid e da malati non Covid che non cercano o non trovano risposta nella medicina di territorio, “i pronto soccorso oggi sono ancora più affaticati dal gran numero di nuovi positivi tra il personale sanitario“, osserva Manca.

“Questo si ripercuote su turni più gravosi, e tempi di attesa che si dilatano per i pazienti”. E l’andamento pandemico non lascia molte speranze: “Il dato sui positivi è in aumento. Speriamo che con le vaccinazioni si ridurrà presto il numero di accessi ma gli effetti si vedranno tra almeno due mesi“. Per Manca, “nonostante il mini lockdown la gente non è stata attenta. Abbiamo avuto casi di pazienti che avevano fatto pranzi con 20 persone”. Ora si torna alle colorazioni per Regioni che “possono funzionare ma a patto che si effettuino controlli. Mentre anche nelle zone rosse i controlli sono pochi”.

Siamo solo in ritardo di qualche settimana”, ribadisce Barbara Mangiacavalli presidente di Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche.
“Sono settimane che la pressione scende solo simbolicamente. Non abbiamo mai avuto un calo tale da modificare l’impegno. E’ sempre su livelli alti, da osservati speciali”, aggiunge. “Stiamo seguendo con apprensione la modifica della curva. Siamo consapevoli che si sta muovendo in modo coerente con la curva di altri paesi, siamo solo in ritardo di qualche settimana. Non abbiamo mai considerato archiviato la questione”.

Gli infermieri lavorano senza sosta con uno sguardo preoccupato al futuro. “I livelli sono costanti sia per quanto riguarda la diagnostica che i ricoveri”, spiega Mangiacavalli. “I sintomi, i quadri clinici si confermano gravi o impegnativi dal punto di vista assistenziale”.

Stazionaria, invece, la situazione nelle terapie intensive. “Al momento osserviamo una relativa stabilità per quanto riguarda i pazienti ricoverati in terapia intensiva“, riferisce Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri (Aaroi). “Le variazioni numeriche ci sono ma senza particolari cambiamento. C’è stato un aumento dei casi dovuto alle maggiori libertà e un calo dovuto alle restrizioni. Ma proprio per questo motivo non bisogna abbassare la guardia”, raccomandato, ricordando che “i numeri delle terapie intensive scontano un ritardo di diverse settimane”.

Anche secondo Vergallo il vaccino rappresenta una speranza concreta di veder svuotati i reparti “anche se per osservarne gli effetti bisognerà attendere diversi mesi”. Quanto al confronto con gli altri Paesi, il presidente degli anestesisti non ha dubbi: “Sono messi peggio di noi. Siamo molto scettici sui dati che vedono l’Italia prima nel mondo per numero di morti. Noi siamo molto rigorosi: classifichiamo come caso Covid anche quelli in cui il coronavirus è una concausa. Non penso che facciano così anche gli altri. Non c’è un modo più giusto dell’altro, sono solo numeri. Ma l’importante è saperlo”.

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