“Giovanni Falcone e’ preoccupatissimo, alle ore 13 viene da me, mi dice che domani in elicottero andra’ a Caltanissetta per incontrarsi con il sostituto Favi di Siracusa. Un detenuto ha fatto sapere a Favi che si prepara un attentato contro Falcone, ad organizzarlo sarebbero gli industriali e le cosche catanesi. Il cavaliere del lavoro Rendo, secondo il detenuto, viene informato dall’alto commissario De Francesco di tutta l’attivita’ di Falcone. Incredibile. Forse Falcone neghera’ di avermi fatto simili confidenze. Ma me le ha fatte !”.
E’ l’ultimo appunto del diario di Rocco Chinnici che il Csm, assieme a tanto altro materiale, pubblica sul suo sito istituzionale per onorarne la memoria.Risale al 22 giugno 1983, un mese prima che il capo dell’Ufficio istruzione di Palermo venisse ucciso con un’autobomba. Trentadue pagine in tutto, in cui si alternano brevi note e lunghi sfoghi giornalieri, che Chinnici mette nero su bianco quando le minacce di morte per lui si fanno incalzanti. “Chinnici prendeva appunti su tutti gli episodi che gli apparivano inconsueti e questo perche’ temeva che le persone che potessero volere la sua morte avrebbero potuto annidarsi anche all’interno del palazzo di giustizia.
Mi sollecitava a fare altrettanto, dicendomi che in caso di una mia morte violenta gli appunti avrebbero potuto costituire una traccia per risalire agli assassini…” raccontera’ , dopo l’attentato di via Federico Pipitone, Falcone in un’audizione davanti al Csm. Sul sito di Palazzo dei marescialli, c’e’ anche la drammatica testimonianza resa da Chinnici nel 1982 davanti al Csm sull’isolamento vissuto dal procuratore capo di Palermo Gaetano Costa, ucciso dalla mafia nel 1980 e sulle minacce ricevute da entrambi. “Costa mi diceva, parlando di Palermo che ‘in questa citta’ non c’era da fidarsi di nessuno’; me lo ribadi’ in maniera piu’ precisa e concreta quando, dopo l’arrivo di questi processi, incominciarono ad arrivare delle minacce di morte a me direttamente con telefonate a casa”.Dopo la chiamata piu’ brutta “andai da Costa e questi, sconsolato, mi disse: ‘questa e’ una citta’ nella quale non si puo’ vivere’ ed io ebbi il sospetto che anche lui avesse ricevuto qualche minaccia”.
Chinnici temeva anche per la sicurezza dei suoi piu’ stretti collaboratori :”vi prego di tenere presente – disse allora ai consiglieri – che a Palermo c’e’ una situazione di estremo disagio, io non so a chi affidare i processi perche’ non ho magistrati, e guardate che le minacce non le ho avute soltanto io. Una domenica ho trepidato fino a quando non ho saputo che il collega era a casa, perche’, mi telefonano i carabinieri preoccupatissimi, perche’ dall’Ucciardone, era partito l’ordine di uccidere Borsellino; una notte alle undici mi arriva una telefonata, e mi informavano che dall’America avevano saputo che Falcone doveva essere ucciso in America; non si puo’ vivere in questo modo”.

