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Istat: cala popolazione,Italia secondo Paese piu’ vecchio a mondo 

Redazione

Istat: cala popolazione,Italia secondo Paese piu’ vecchio a mondo 

Mer, 16/05/2018 - 16:55

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ROMA – E’ una ’emorragia’ continua: a partire dal 2015 l’Italia e’ entrata in una fase di declino demografico e per il terzo anno di fila la popolazione totale diminuisce, di quasi 100mila persone rispetto all’anno precedente. Al 1 gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni di residenti, con un’incidenza della popolazione straniera dell’8,4% (5,6 milioni). La stima della popolazione straniera al 1 gennaio 2018 mostra un incremento di 18mila persone rispetto all’anno precedente, come saldo tra ingressi, uscite e acquisizioni di cittadinanza. E’ dal 2016 che la variazione della popolazione straniera sull’anno precedente presenta valori modesti, soprattutto se comparati con quelli degli anni Duemila. Lo dice l’Istat nel suo rapporto annuale sulla situazione del Paese.
E si va accentuando l’invecchiamento della popolazione, nonostante la presenza degli stranieri caratterizzati da una struttura per eta’ piu’ giovane di quella italiana e con una fecondita’ piu’ elevata. E cosi’ l’Italia e’ il secondo Paese piu’ vecchio al mondo, con una stima di 168,7 anziani ogni 100 giovani al 1 gennaio 2018. Per il nono anno consecutivo le nascite registrano una diminuzione: nel 2017 ne sono state stimate 464mila, il 2% in meno rispetto all’anno precedente e nuovo minimo storico.

Si stima che lo scorso anno i nati con almeno un genitore straniero siano stati intorno ai 100mila (21,1% del totale dei nati). Dal 2012 il contributo in termini di nascite della popolazione straniera residente e’ in calo. A diminuire sono in particolare i nati da genitori entrambi stranieri, con una stima pari a 66mila nel 2017 (14,2% sul totale delle nascite). Pur mantenendosi su livelli decisamente piu’ elevati di quelli delle cittadine italiane (1,95 rispetto a 1,27 secondo le stime nel 2017), diminuisce il numero medio di figli delle cittadine straniere, come conseguenza delle dinamiche migratorie e della loro struttura per eta’ che si presenta ‘invecchiata’ rispetto al passato. Si diventa genitori sempre piu’ tardi. Considerando le donne, l’eta’ media alla nascita del primo figlio e’ di 31 anni nel 2016, in continuo aumento dal 1980 (quando era di 26 anni). A proposito di famiglia, essa e’ una ‘rete informale’, ovvero l’insieme di persone su cui poter contare (parenti, amici e vicini). La dimensione della rete familiare e’ costruita combinando il numero di parenti stretti (nonni, genitori, figli, fratelli e nipoti) e il numero di altri parenti (zii, cugini, suoceri, ecc.) su cui l’individuo dichiara di poter contare. La presenza, la consistenza e la struttura della rete di persone su cui fare affidamento subiscono cambiamenti innescati dalle trasformazioni demografiche e sociali. Gli aiuti sono una manifestazione concreta del sostegno, e le famiglie esprimono bisogni e di conseguenza ricevono aiuti per soddisfare richieste legate sia alle tappe del ciclo di vita dei loro componenti (nascita dei figli, uscita dal mercato del lavoro, invecchiamento, ecc.), sia alla famiglia nel suo insieme (difficolta’ economiche o di gestione del lavoro di cura e domestico). La rete informale si attiva in funzione di questi bisogni.
Nel 2016 la dimensione media della rete familiare delle persone da 18 anni in su e’ di 5,4 parenti stretti e di 1,9 altri parenti. A partire dai 55 anni, all’aumentare dell’eta’ cresce il numero medio di parenti stretti, fino a raggiungere una media di 6,3 per gli individui di 75 anni e piu’, mentre diminuisce per tutte le eta’ in maniera costante il numero medio di altri parenti su cui contare.

 L’Istat rileva che il 78,7% delle persone di 18 anni e piu’ dichiara di poter fare affidamento almeno su un parente, un amico o un vicino. Sono gli amici la categoria piu’ indicata (62,2% dei casi), seguita dai vicini (51,4%) e gli altri parenti (45,8%). Con riferimento al sostegno di tipo economico, il 44,7% degli individui dichiara di avere almeno una persona non coabitante su cui contare in caso di bisogno urgente di denaro (800 euro). Viene constatato poi che all’aumentare dell’eta’ sono sempre meno le persone che dichiarano di poter contare su una rete variegata (altri parenti, amici e vicini): la quota tra i piu’ anziani (25,6% delle persone di 75 anni e piu’) e’ meno della meta’ di quella dei piu’ giovani (57,8% delle persone tra i 18 e i 24 anni). Al crescere dell’eta’, invece, prevalgono le reti “esclusive”, in particolare quelle costituite solo da parenti o solo da vicini. Dal 1998 al 2016 la quota di persone di 18 anni e piu’ che hanno dato almeno un aiuto gratuito nelle quattro settimane precedenti l’intervista e’ aumentata di poco piu’ di dieci punti percentuali, passando dal 22,8 al 33,1%. Contestualmente, la quota delle famiglie che hanno ricevuto almeno un aiuto gratuito da parte di persone non coabitanti (16,1%) e’ rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 1998.
Vengono offerti prevalentemente aiuti per compagnia, accompagnamento, ospitalita’ (35,9% delle persone che hanno fornito almeno un aiuto) seguiti da quelli per espletamento di pratiche burocratiche (30,4%) e aiuto nelle attivita’ domestiche (28,8%). Oltre un terzo delle famiglie, sostenute informalmente, ha ricevuto aiuto per attivita’ domestiche (34,5%). Piu’ di una famiglia su quattro per compagnia, accompagnamento, ospitalita’ e espletamento di pratiche burocratiche.

Un altro aspetto interessante dell’analisi Istat e’ relativo alla percezione della rete di sostegno sociale: essa e’ legata al benessere fisico, ma soprattutto al benessere psicologico delle persone. I temi dell’isolamento e della solitudine, potenzialmente comuni a tutte le fasce di eta’, diventano infatti particolarmente rilevanti per le persone che presentano fragilita’ dovute a una molteplicita’ di fattori: condizioni di salute, eta’ avanzata, caratteristiche del luogo di residenza, struttura familiare. Una misurazione della percezione del sostegno sociale si basa su un indicatore condiviso a livello europeo, il cosiddetto ‘Overall perceived social support’, che sintetizza tre dimensioni: l’estensione della rete di sostegno sociale, il grado di solitudine e di isolamento e la presenza di sostegno pratico del vicinato. Secondo questo indicatore di sostegno, piu’ di un quarto degli individui (27,7%) percepisce un sostegno forte, il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno (sostegno debole) mentre oltre la meta’ degli individui si colloca in una posizione intermedia (55,1%). Nel confronto con l’Unione europea, l’Italia mostra una maggiore fragilita’: per tutte le classi di eta’ e’ piu’ bassa la quota di chi percepisce un sostegno forte (34,1% media Ue) ed e’ piu’ elevata la quota di chi dichiara una percezione di un sostegno debole (15,5% media Ue). La presenza di una rete familiare estesa, un titolo di studio elevato e l’alto reddito familiare sono visti come fattori protettivi contro la percezione di solitudine e abbandono. Al contrario, le condizioni psicologiche negative, i disturbi depressivi degli individui e la presenza di tre o piu’ malattie croniche sono i fattori che aumentano la percezione di un sostegno sociale debole. La maggiore debolezza del sostegno percepito si osserva nelle aree piu’ densamente popolate di tutte le ripartizioni italiane ad eccezione delle Isole, dove le differenze per grado di urbanizzazione si attenuano.

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