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Conoscere le risorse della Sicilia

Redazione

Conoscere le risorse della Sicilia

Dom, 09/08/2015 - 15:15

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imageL’incidente è accaduto nei pressi di Cefalù (PA), dove un anziano escursionista è stato attaccato dai cinghiali, che lo hanno ucciso. La tristezza dell’evento deve lasciare il posto ad un aspetto positivo che risolverebbe, in unica soluzione, il problema dell’esubero di tali animali, diventati pericolosi, e, insieme, la possibilità di sfruttare tale esubero creando posti di lavoro nonché una attività produttiva ad alto reddito.
La mia esperienza di lavoro in Tunisia, mi ricorda come è stata affrontata, anche lì, il problema dell’esubero di cinghiali lungo i monti Megerda, alle cui falde scorre l’omonimo fiume, sul quale sono state costruite numerose dighe, realizzando laghetti idonei alla irrigazione.
Numerosissimi i cinghiali, che si sono spinti anche alle porte di Tunisi; al mattino di buon’ora, attraversando la strada di Gammarth, nella periferia Nord di Tunisi, si vedono numerosissime orme di branchi di cinghiali che attraversano la lunga spiaggia che arriva alle porte di Biserta.
Un tedesco ottenne dal governo tunisino il permesso di abbattere un certo numero di cinghiali, concordato con il locale ministero dell’agricoltura, sotto il controllo della Guardia Nazionale.
L’abbattimento era a carico del tedesco, che si serviva di manovalanza tedesca, in quanto operai tunisini (e quindi musulmani) si rifiutavano anche di toccare i cinghiali abbattuti.
Realizzava turni di venti persone addetti all’abbattimento selettivo dei cinghiali che venivano portati un una azienda ristrutturata pre-esistente, nei pressi della zona boschiva di Beja, al confine con l’Algeria. Lì aveva realizzato una unità di trattamento di quelle carni, facendone prosciutti cotti e crudi, salami, arista affumicata, speak di spalla, sfruttando al massimo l’animale abbattuto; con i residui e le interiora faceva scatolette di carne per cani e gatti.
Ogni mese faceva ruotare i venti addetti, che, oltre alla caccia mattutina, si dedicavano anche alla lavorazione. Non si come e quanto li retribuisse, ma so di certo che una parte era composta da cacciatori appassionati, che svolgevano il lavoro gratuitamente.
Dopo un periodo minimo di stagionatura, spediva, con container refrigerato, le carni lavorate come “semi-lavorate”, per pagare meno di tasse doganali.
In Germania un’altra azienda provvedeva al finissaggio di quelle carni, con apposita stagionatura; finito il periodo di stagionatura veniva apposto il timbro e il marchio della “foresta nera” ed esportati, per la maggiore quantità, come cinghiali della foresta nera; una parte finiva anche in Italia.
Tale sfruttamento durò fino alla fine del secolo scorso, quando l’imprenditore morì, senza che nessuno rilevasse l’attività.
Leggo adesso, che l’esubero di cinghiali, nella sola parte palermitana delle Madonmie e dei Nebrodi, sarebbe di oltre 10.000 capi, destinati ad incrementarsi, mentre potrebbero trasformarsi in una riserva di carni pregiate, praticamente inesauribile, in quanto dovrebbero essere abbattuti tanti animali quanti verrebbero rimpiazzati con i nuovi nati. Ci sarebbe spazio per alcune unità produttive, con modesti costi di produzione, nonchè alto valore aggiunto.

Rosario Amico Roxas