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Leandro Janni, quando eravamo l’ombelico del mondo

Redazione

Leandro Janni, quando eravamo l’ombelico del mondo

Ven, 12/12/2014 - 16:49

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Busto di Eschilo

Busto di Eschilo

CALTANISSETTA – Forse non tutti sanno che tanti anni fa, in un giorno particolarmente afoso, stanco e un po’ malinconico, Eschilo (filosofo e padre della tragedia greca) giunto alle porte di Gela, si sedette su una grossa pietra. Stanco e comunque incantato da sinuose dune di sabbia dorata; stanco e comunque incantato dal mare azzurro e celeste, quel mar Mediterraneo che legava la Sicilia alla Grecia.

Le dune di Gela_2014

Le dune di Gela_2014

Alta nel cielo, un’aquila, scambiando il riflesso della testa calva di Eschilo per una pietra, lasciò cadere la tartaruga che portava tra gli artigli. Insomma: l’aquila intendeva spaccare la testuggine e mangiarne le interiora. A seguito del singolare incidente, all’età di 69 anni, Eschilo muore. Era l’anno 456 a. C.. Viene in mente, ricordando la fine di Eschilo, uno dei più celebri  santuari dell’antica Grecia: Delfi. Uno dei suoi templi era considerato il centro del mondo. Il mito racconta che Zeus, un giorno, abbia voluto misurare l’ampiezza della terra. Egli, allora, fece volare due aquile in direzioni opposte e queste s’incontrarono proprio a Delfi. Nel tempio ardeva perennemente una fiamma alimentata con rami di alloro, l’albero sacro al dio Apollo, e si venerava il cosiddetto “ombelico dell’intero mondo” (ὀμφαλός), una grossa e specialissima pietra che si riteneva caduta dal cielo, ancora oggi visibile a Delfi.

Il Centro del mondo Delfi

Il Centro del mondo Delfi

Qualcuno di certo si chiederà: ma cosa c’entra la fine di Eschilo, nei pressi di Gela, con l’ombelico del mondo caduto dal cielo, a Delfi? Mah… Comunque sia, sedotto dalle vivide e arcane simbologie della narrazione, del mito greco, me lo chiedo anch’io. Forse lo chiederemmo all’oracolo di Delfi, se ancora ci fosse. Forse dovremmo chiederlo alle aquile, che vedono il mondo dall’alto del cielo. Di certo, il centro del mondo contemporaneo si è spostato altrove, inesorabilmente. Sebbene qui, in quella che fu l’antica, grande Grecia, malgrado tutto, le aquile volteggiano ancora, dopo 2500 anni, su sublimi, residue rovine ed eclatanti disastri.

Leandro Janni

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