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Luciani: “La lotta alla mafia è patrimonio di tutti”

Redazione

Luciani: “La lotta alla mafia è patrimonio di tutti”

Ven, 15/04/2011 - 19:24

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“La mia analisi in ordine alla pressione che l’organizzazione mafiosa esercita sull’economia legale attraverso l’imposizione del pizzo e l’affidamento di commesse in sub appalto ad imprenditori compiacenti non può che essere limitata alla città capoluogo ed all’area “del Vallone”, che è di mia competenza nell’ambito della D.D.A. di questa Procura”. Parla il sostituto procuratore Stefano Luciani. “In tale contesto – continua – le risultanze di recenti procedimenti (faccio riferimento alle operazioni c.d. “Incipit” e “Redde Rationem”) hanno fatto emergere, soprattutto nella città capoluogo, come in un determinato periodo storico – segnato dalla riorganizzazione della locale famiglia mafiosa a seguito di rimessione in libertà di personaggi di spicco ed innesto di altri di spiccate capacità criminali – il fenomeno estorsivo avesse raggiunto livelli certamente più allarmanti di quanto si fosse indotti a ritenere sino a quel momento. E’ innegabile, inoltre, come la quasi totalità delle informazioni riversate a questo Ufficio su tale realtà siano finora derivate, in maniera pressoché esclusiva, da dichiarazioni di collaboratori di giustizia, che solo in minima parte sono state poi confermate da imprenditori e commercianti”.

Il procedimento “Redde Rationem” ha visto solo due operatori economici denunciare di aver subito vessazioni.

“L’esempio è illuminante. Da quel procedimento è emersa la totale assenza di denunce, per così dire spontanee, in territori (penso ad esempio all’area del Vallone) che, allo stato, non possono nemmeno giovarsi di collaborazioni recenti con la giustizia”.

Un risultato deludente?

“Si tratta di un risultato che può dirsi, sino a questo momento, inferiore alle aspettative ed a ciò che era legittimo attendersi rispetto alle pur lodevoli premesse di un’annunciata volontà di operare una “rivoluzione copernicana” sul tema del contrasto al fenomeno estorsivo nella provincia di Caltanissetta e non solo”.

Cioè?

“Mi sia consentita una piccola metafora: quando sono giunto in questa città ed allorché sono poi stato chiamato ad occuparmi del fenomeno mafioso in questo territorio, già l’alba era spuntata, nel senso che parevano essersi create quelle condizioni per porre definitivamente fine ad un sistema che da troppi anni aveva condizionato l’economia legale, soffocandola. Il chiarore dell’alba è certamente più confortante rispetto al buio fitto della notte. Ma chi, come me, alle prime luci del giorno era già abituato, ha atteso che il sole divenisse alto nel cielo e lo ha visto, invece, rimanere sempre basso all’orizzonte,  nonostante da più parti si sostenesse che fosse ormai giorno pieno”.

Ma il giorno è ancora lontano?

“Oltre alle affermazioni di principio sul tema dell’antimafia e del contrasto al pizzo, ciò che serve, affinché l’alba divenga giorno pieno, è che le parole si traducano in fatti concreti, creando, ad esempio, le condizioni affinché il singolo imprenditore e commerciante sia portato a denunciare in maniera spontanea la vessazione subita e rispettando in maniera rigorosa quelle regole che pure le associazioni di categoria hanno deciso finalmente di darsi”.

Cosa augura a Caltanissetta?

“Un impegno comune, non c’è dubbio. E’ banale dirlo, ma il tema dell’antimafia non può essere patrimonio esclusivo di alcuno. E ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo nel settore di competenza”.

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