Salute

Caltanissetta, il biologo Matteo Molè premiato negli Usa per le ricerche sugli embrioni

Redazione 3

Caltanissetta, il biologo Matteo Molè premiato negli Usa per le ricerche sugli embrioni

Mer, 01/10/2025 - 09:26

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LA STORIA. Matteo Molè all’Università di Stanford riceve importanti riconoscimenti.

Matteo Amitaba Molè è un medico di 36 anni, nato a San Cataldo, ma nisseno doc ed è anche uno dei due ricercatori in tutto il mondo ad avere ottenuto nel 2025 un importante riconoscimento, il Discovery and Innovation Grant dall’American Society for Reproductive Medicine. L’assistente professore di ostetricia e ginecologia dell’Università di Stanford ha ricevuto una sovvenzione di 350 mila dollari per studiare le interazioni critiche tra l’embrione e la madre, con l’obiettivo di scoprire i fattori chiave nella gravidanza iniziale per migliorare i tassi di successo della fecondazione in vitro e ridurre il rischio di aborto spontaneo. Matteo Molè si occupa dell’indagine sui meccanismi di impianto degli embrioni umani. Nell’attuale società capitalista ci si sposa sempre più tardi e aumentano i problemi a rimanere fertili. Tante coppie sono costrette a ricorrere alla fecondazione in vitro, che richiede importanti risorse economiche e che spesso si conclude in un insuccesso. E ciò crea anche problemi psicologici in una donna, con sentimento di fallimento. La scienza e la ricerca stanno investendo tanto sul tema della fecondazione in vitro. Matteo Molè ha ottenuto pure una borsa di studio di due milioni e trecentomila dollari dal Cirm di San Francisco (California Institute for Regenerative Medicine). Dopo avere frequentato le scuole superiori al Liceo Classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, si è laureato con lode a Pavia in Scienze Biologiche ed ha conseguito il dottorato a Londra e il post dottorato a Cambridge, una licenza presso la UK Human Fertilisation and Embryology Authority (HFEA) per poi condurre ricerche sugli embrioni umani donati da pazienti sotto poste a fecondazione in vitro. «Matteo ha avuto sempre questa passione – afferma papà Giovanni, fisioterapista in pensione – basti pensare che da piccolo lui non voleva regalati giocattoli, ma provette per fare i suoi esperimenti. Matteo ha studiato ed oggi sta coronando i suoi sogni. Lui deve essere l’esempio per chi non si arrende mai, che studia, che si impegna e alla fine ciò viene premiato”. Dal primo luglio del 2023 il dott. Mattia Molè è entrato a far parte dell’Università di Stanford come professore associato e adesso ha ottenuto questi due importanti riconoscimenti. Il suo lavoro si concentra sullo studio dei meccanismi di impianto degli embrioni umani. Professore associato al Dipartimento di ostetricia e ginecologia della Stanford University e membro della Divisione di biologia della riproduzione, delle cellule staminali e perinatale. Alla Stanford il lavoro di Matteo Molè si concentra sullo studio dei meccanismi di impianto dell’embrione umano. Il successo dell’impianto di un embrione è fondamentale per l’avvio di una gravidanza sana. “Durante la transizione tra la prima e la seconda settimana di gestazione – afferma il dott. Mattia Molè – l’embrione umano de ve impiantarsi saldamente nell’utero ma terno, avviando lo sviluppo della placenta affinché riceva i nutrienti e l’ossigeno necessari per la sua crescita fino alla nascita. Il processo di impianto negli esseri umani è altamente suscettibile al fallimento, con una percentuale significativa di embrioni che non riescono a svilupparsi oltre questo stadio, con conseguente aborto spontaneo precoce. Questa barriera all’impianto clinicamente osservata spesso richiede alle pazienti di sottoporsi a numerosi cicli di fecondazione in vitro, senza alcuna garanzia di un esito positivo della gravidanza. L’obiettivo principale è quello di aumentare la comprensione delle interazioni madre embrione che iniziano al momento del l’impianto, con lo scopo di sviluppare interventi clinici per affrontare l’elevata incidenza di fallimenti di impianto alla base degli aborti spontanei preclinici. Le prime due settimane sono quelle più difficili, con la ricerca studiamo dove intervenire ed e vitare questo”

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