Questa è una lettura leggera, consigliata a chi, in questo momento, è ancora sotto l’ombrellone al mare. Perché, diciamolo, un articolo “estivo”, senza pretese, può essere il modo giusto per sorridere un po’, mentre le onde e il vociare della spiaggia fanno da sottofondo.
A Caltanissetta, però, le polemiche sui social non vanno mai in vacanza. Ogni settimana c’è un tema nuovo, un dibattito che esplode e che, nel giro di 24 ore, viene già dimenticato. Prima c’è stata la saga infinita delle buche e dell’asfalto nuovo, tra chi sosteneva che i tombini fossero troppo alti o troppo bassi, chi giurava che le strade sembravano un saliscendi e chi, invece, sottolineava che, finalmente, non serviva più il GPS per evitare i crateri.
Poi è arrivata la disputa sull’antenna Rai: meglio lasciarla lì, come simbolo di un’epoca, o abbatterla una volta per tutte? Una discussione da bar che si è trasformata in crociata social, con esperti improvvisati di architettura urbana e nostalgici della “vecchia televisione” pronti a difendere o a demolire il monumento di ferro.
Non poteva mancare, in questo clima, un’altra accesa discussione: l’illuminazione tricolore del nuovo ponte San Giuliano. C’è chi ha criticato la sequenza dei colori, sostenendo che non fosse corretta a seconda di come si percorre il ponte – verde, bianco, rosso o, al contrario, rosso, bianco, verde – e chi invece ribadiva che il tricolore resta tale indipendentemente dal punto di osservazione. Anche qui, un’analisi da “esperti di bandiere” che ha riempito i social di post indignati e di meme.
E, per non farci mancare nulla, l’ultimo grande tema è stato il suono del concerto dei The Kolors. C’è chi ha detto che era “troppo basso”, chi “troppo alto”, chi “storto” e chi perfetto solo se eri alla giusta distanza dal palco. In mezzo, post al veleno, commenti infuocati e perfino qualche accusa di incompetenza che ha fatto storcere più di un naso.
Ora, mentre l’eco delle casse e dei decibel si spegne, un nuovo dibattito è già pronto ad animare le prossime 48 ore: come si deve chiamare il nuovo prefetto (o prefetta) di Caltanissetta?
La questione, che potrebbe sembrare di poco conto, in realtà non lo è affatto. Anche la nostra redazione è stata “richiamata” da alcuni lettori per aver utilizzato nei titoli la forma “prefetto” al femminile, considerata da qualcuno poco rispettosa, da altri troppo formale.
Un’occhiata alla letteratura linguistica, però, chiarisce le cose: entrambe le forme – prefetto e prefetta – sono corrette. L’Accademia della Crusca, sulla scia delle proposte di Alma Sabatini, ha indicato già anni fa la possibilità e l’opportunità di declinare al femminile i titoli istituzionali: ministra, assessora, prefetta. Tuttavia, nella prassi, la forma “prefetto” resta molto diffusa e spesso preferita dalle stesse dirette interessate. Chiara Armenia, prefetto uscente (e donna), ha sempre espresso la preferenza per il titolo al maschile.
Noi, per coerenza stilistica, continueremo a usare “prefetto”, consapevoli che la scelta non è un errore, ma una forma linguistica consolidata. Nonostante ciò, il dibattito resta vivo e, per certi versi, utile: ci spinge a riflettere su quanto la lingua si evolva e su come le parole possano influire sulla percezione dei ruoli.
Quello che sappiamo è che, tra una battuta e l’altra, queste discussioni raccontano un po’ la nostra città: sempre pronta a parlare, a dividersi, a trovare il prossimo argomento per accendere la miccia. E allora, la vera domanda diventa: quale sarà il tormentone social delle prossime 48 ore? Perché, passata la prefetta (o il prefetto), qualcosa di nuovo arriverà. Sempre.

