Salute

La democrazia è a rischio contagio, meglio vigilare

Francesco Cundari - linkiesta.it

La democrazia è a rischio contagio, meglio vigilare

Sab, 21/03/2020 - 09:24

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Da quando l’emergenza coronavirus ci ha costretti a fare i conti con i tanti ritardi del nostro paese, che rendono difficilissima ed estremamente diseguale la possibilità di lavorare da casa, studiare da casa e persino fare la spesa da casa, abbiamo l’impressione che tutti i nodi stiano venendo al pettine. Ma con il dibattito sulla funzionalità del Parlamento e la possibilità del voto a distanza, di fatto negata, peraltro nel giorno in cui il Parlamento europeo annuncia per il 26 marzo la prima plenaria in cui adotterà proprio questo sistema, si direbbe che il numero dei nodi abbia di gran lunga sopravanzato quello dei pettini.

Nel giro di un paio di settimane, il governo ha deciso la più drastica limitazione delle libertà personali mai tentata in democrazia, e lo ha fatto a forza di decreti della presidenza del Consiglio, dunque senza bisogno di passare dal parlamento, che ad ogni buon conto era praticamente chiuso. E quando si è dovuto riunire ha adottato la soluzione dell’autoriduzione volontaria di ciascun gruppo: un espediente utilizzabile solo sulla base di un gentlemen’s agreement tra tutte le forze politiche, in cui com’è noto non abbondano i gentleman, e che comunque non potrebbe reggere a lungo per ovvie ragioni pratiche, politiche e giuridiche.

Siccome le disgrazie non vengono mai sole, tanto meno negli ultimi tempi, a questa già precaria situazione si è aggiunto il ritorno della stucchevole litania contro i politici fannulloni, vigliacchi e felloni che non vorrebbero fare la loro parte (evidentemente i bei frutti raccolti dopo le tante campagne contro la «casta» non sono ancora sufficienti: dobbiamo proprio tornare all’età della pietra perché si capisca che nelle caverne non ci sono onori, incarichi e ricevimenti per nessuno). Il problema è che se non si trova il modo di consentire ai parlamentari di discutere e votare regolarmente senza contagiarsi tutti gli uni con gli altri, in capo a poche settimane la maggioranza sarà semplicemente il risultato casuale della distribuzione dei contagiati (costretti alla quarantena, nella migliore delle ipotesi) tra le diverse forze politiche. Il risultato concreto del rifiuto di procedere a forme di voto a distanza – e nel frattempo fare dei banali lavori di ristrutturazione nei palazzi della Camera e del Senato, in modo da distanziare i seggi e rendere sicure le aule – sarà in breve la chiusura del Parlamento: o preventivamente, per evitare che si ammalino tutti, o successivamente, perché ammalati e in quarantena. Tralascio il dettaglio che a frenare sul voto a distanza sia in particolare un presidente della Camera del Movimento 5 stelle, e cioè del partito che per anni ce l’ha menata con la democrazia digitale.

Paradossalmente, il dibattito sul Parlamento assomiglia a quello sulle carceri. Ma non è per fare un favore ai parlamentari che dobbiamo preoccuparci di far funzionare il parlamento, e allo stesso modo non è per fare un favore ai detenuti che dobbiamo prendere provvedimenti per assicurare la funzionalità delle carceri, impedendo che diventino focolai di contagio. È interesse di tutti, non solo dei carcerati (che ne avrebbero comunque diritto) e degli agenti penitenziari (che non hanno alcuna colpa, come peraltro una percentuale sempre troppo alta di detenuti in attesa di giudizio).

In questi giorni il governo sta prendendo provvedimenti estremi, e fa bene, perché siamo dinanzi a un’emergenza che non consente esitazioni. Proprio per questo, però, abbiamo bisogno di assicurare al più presto la piena funzionalità di tutti gli organi costituzionali, per garantire il bilanciamento e il controllo reciproco dei diversi poteri. E lo dobbiamo fare subito perché altrimenti le scorciatoie prese oggi, anche con le migliori intenzioni, costituiranno un precedente domani. E il cielo ci scampi da un sistema in cui un governo può decidere di imporre il coprifuoco ai cittadini e chiudere il Parlamento senza rendere conto a nessuno.

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