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Le riflessioni di Richelieu: “l’Innominato”

Redazione

Le riflessioni di Richelieu: “l’Innominato”

Dom, 22/06/2014 - 15:52

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image Nel suo “castello a cavaliere di una valle angusta e uggiosa”viveva l’Innominato dei “Promessi Sposi”, circondato dai suoi bravi e da un alone di mistero e di rispetto carico di timore, ai margini della vita sociale ma al centro delle trame del potere.

Così, metaforicamente, ormai da anni, l’on. Cardinale tesse, da lontano, la sua tela. Intorno al potere, con il potere, per il potere. Capace di manovrare da maestro tutti i videogames delle correnti e delle elezioni, primarie comprese. Capace come un Transformer di riconvertirsi  da ferrovecchio in robot di ultima generazione,ipertecnologico e inarrestabile.

Così, da doroteo-manniniano-mastelliano-dalemiano, ha attraversato il crinale del millennio sempre in posizione di “influenza”, sommerso come il Nautilus quando si scontravano le correnti oceaniche e si sbriciolavano anche gli iceberg,  riemerge puntualmente in forma nuova all’orizzonte come Moby Dick, la Balena bianca che da sempre è stata il simbolo, inquietante e diabolico, del potere democristiano inaffondabile. Anche quando se n’è perso il nome, oltre che l’etimologia, della Democrazia Cristiana.

Se ne parla pochissimo di lui, quasi niente, (è questo il segno del potere autentico, in una terra in cui “la miglior parola è quella che non si dice”), ma lo si trova sempre nel backstage delle situazioni in cui si decide. Là dove nessuno si aspetterebbe di trovarlo.

imageCome quando, poco più di un anno fa, diventò il coordinatore regionale del “Megafono”, il movimento politico-elettorale che ha portato  Crocetta alla presidenza della Regione, espressione immaginifica e barocca di quella “Comitiva della legalità”, fatta di industriali con frequentazioni negli stessi salotti buoni dei magistrati di tendenza, che con lui si dava gli strumenti per lanciare la sua OPA sul potere regionale, direttamente, senza altre mediazioni, come si usava una volta. Proprio mentre le dichiarazioni di qualche pentito incauto e non aggiornato avrebbero rischiato di trascinarlo nel tritacarne mediatico degli impresentabili.

E per Crocetta ha continuato ad irrobustirne l’incerta maggioranza nel Parlamento regionale fondando un gruppo di deputati “Democratici e riformisti per la Sicilia” (da pochi giorni PDR Patto Democratici Riformisti, fagocitando persino un ex 5 Stelle come Venturino, Vicepresidente dell’ARS), contenitore politico  che si apre e si chiude come le chiuse del Canale di Suez, per fare uscire da un partito e fare entrare in maggioranza peones e capicorrente, come un regista di kolossal.

Ultima operazione clamorosa: la candidatura di Michela Giuffrida alle europee, giornalista del gruppo editoriale Ciancio (padrone dei media in Sicilia), espressione di “Articolo 4” (Lino Leanza-ex Lombardo-ex UDC), eletta a sorpresa a  Strasburgo, mandando per aria i piani e le triangolazioni dei “palermitani plebei” comeCracolici. Giovanotti senza scuola, senza stile.

Da Raffaele Lombardo a Giuseppe Lupo, da FrancantonioGenovese a Giuseppe Lumia, presi e “posati” un attimo prima della loro consumazione, il tessitore del Vallone, instancabile e indistruttibile, continua ad essere il kingmaker di chi vuole contare in Sicilia. Contare soltanto, perché a comandare ci pensa lui.

Perché l’aplomb del leader non si improvvisa. Con quale leggerezza, in poche ore, aveva lasciato il Parlamento in nome del rinnovamento generazionale, collocando la figlia al suo posto (lista bloccata naturalmente), con una operazione che in altri tempi e in altre condizioni avrebbe impedito a chiunque l’accesso ai luoghi della politica e della società civile vita natural durante! E la ragazza è già alla seconda legislatura.

Lo chiamano ancora Ministro (Comunicazioni nei Governi D’Alema e Amato, massimo importatore siciliano di call-center);onorevole sarebbe quasi un condizionale riduttivo, e  i suoi famigli (ministeriales si chiamavano in epoca feudale) gestiscono il territorio per lui, telecomandati wi-fi (i fili sarebbero da vecchio padrino), in alcuni posti-chiave: al CEFPAS (parcheggio o trampolino?), alla Segreteria provinciale del PD, nelle istituzioni locali. Anche portando, quando occorre, la pallina nera del veto, come nelle ultime elezioni comunali contro Messana.

E’ riuscito persino a fagocitare e digerire l’osso più duro dell’ex PCI:  Lillo Speziale, mister 5 legislature, dominante da Gela al Vallone, liquidato con un secco uno-due tra un finto passo indietro e le primarie perdute senza appello, l’unico competitor, roccioso e spregiudicato quanto lui, (ma meno elegante nella tragedia) che avrebbe potuto avere nel PD.

Senza nessuna carica ufficiale, ancora oggi tiene le chiavi del PD siciliano, come dicono i poveri cristi della segreteria regionale apparente: “costruendo gli accordi politici più che ai tavoli dei partiti ai tavoli dei ristoranti”, erede della grande tradizione del decisionismo conviviale che in Sicilia ha segnato le tappefondative della storia dei poteri occulti.

Persino in epoca Renzi, il rottamatore spietato, che luinaturalmente “appoggia”.

Perché i transformer non si rottamano; si rigenerano sempre, inesorabili e indistruttibili.

Richelieu Richelieu

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