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Addio a Giorgio Armani, 91 anni di stile

Redazione 3

Addio a Giorgio Armani, 91 anni di stile

Gio, 04/09/2025 - 16:09

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Da Piacenza a Hollywood, in mezzo secolo mai una contraddizione

In ogni mondo ci sono un prima e un dopo: per la moda, Giorgio Armani – un nome che da solo evoca uno stile inconfondibile – è lo spartiacque del ‘niente sarà più come prima’. Perché in un tempo in cui chiunque dice senza vergogna tutto e il contrario di tutto, Giorgio Armani – mancato oggi a Milano a 91 anni, che aveva compiuto l’11 luglio – è stato simbolo assoluto di coerenza. Di pensiero, che si è fatto stile, in un’unità di intenti di una vita, iniziata l’11 luglio 1935 a Piacenza, e di una carriera, cominciata nel 1975, che ha portato ‘re Giorgio’ – come era affettuosamente chiamato – ad essere a capo di un gruppo, fieramente indipendente, simbolo del made in Italy. La camera ardente per l’ultimo saluto sarà allestita a partire da sabato 6 settembre e sarà visitabile fino a domenica 7 settembre, dalle ore 9 alle ore 18, a Milano, in via Bergognone 59, presso l’Armani/Teatro. Per sua espressa volontà, i funerali si svolgeranno in forma privata. In 50 anni di lavoro, consacrati da copertine su Time, dal successo a Hollywood, dalle One Night Only in giro per il mondo, dall’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana conferitagli dal presidente Mattarella, mai una contraddizione, uno sgarro a un’etica fatta di dedizione e passione. Che Giorgio Armani fosse un perfezionista, capace di controllare ogni vetrina e ogni uscita di una sfilata una a una, di sorvegliare da vicino ogni dettaglio, è cosa nota. “Sono pragmatico e razionale, ma le mie azioni vengono tutte dal cuore” aveva sottolineato lui, presentando anni fa il libro intitolato proprio ‘Per amore’. “Sono un creativo razionale, ma la spinta – le sincere parole pronunciate nella sua Piacenza in onore della laurea honoris causa conferitagli dalla Cattolica – nasce sempre dalla passione, da un’intuizione e dal desiderio bruciante di realizzarla. Ogni idea, in fondo, è frutto di un innamoramento e questo lavoro, che per me è la vita, è un atto continuo di amore”. Nel suo intervento di fronte agli studenti della Cattolica, Giorgio Armani aveva ricordato anche uno dei momenti più duri della sua vita, la morte del socio e compagno Sergio Galeotti, mancato nel 1985, dieci anni dopo aver fondato con lui la Giorgio Armani. “Il destino mi ha messo a dura prova e, a seguito della scomparsa del mio socio: per far sì che la Giorgio Armani sopravvivesse, ho dovuto occuparmi di persona dell’azienda. Molti pensavano che non ce l’avrei fatta, ma – aveva raccontato con grande sincerità – grazie alla mia caparbietà e al sostegno delle persone a me vicine, sono riuscito ad andare avanti”. I momenti difficili – la lezione consegnata ai giovani – “li ho superati con l’impegno e la dedizione e il rigore, i valori che ho assimilato in famiglia e che raccomando sempre di seguire per dar forma a ciò in cui si crede, ancora di più oggi che si moltiplicano i successi effimeri perché ciò che chiede impegno dura”. Una lezione che è rimasta scolpita nelle menti e nei cuori dei presenti, da mandare a memoria per chi verrà. Eppure all’inizio della carriera, arrivato da Piacenza a Milano, anche per lui non era stato semplice: dall’ormai mitico maggiolino Volkswagen venduto per lanciare l’attività alla paura di non essere all’altezza, ma poi “piano piano – raccontava a un’anteprima cinematografica qualche anno fa – ho preso forza e coraggio di voler essere qualcuno in questa avventura”. E lo ha fatto lasciando un’impronta indelebile, che non era fatta solo di stile, ma di una visione di grande rigore: “Non sono un visionario – disse tempo fa, presentando il libro che porta il suo nome – ma una persona con i piedi per terra. Vivo la quotidianità in un mondo che ho pensato di poter servire, cui essere utile con questo lavoro”. E lo ha fatto cambiando “il modo di vestire di uomini e donne, e questa – spiegava ancora qualche anno fa – è una delle più grandi soddisfazioni”.

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