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Comitato regionale INPS Sicilia: “Precariato e lavoro povero fanno il paio con pensionati poveri”

Redazione 3

Comitato regionale INPS Sicilia: “Precariato e lavoro povero fanno il paio con pensionati poveri”

Mer, 04/06/2025 - 10:51

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Così come dichiarato lo scorso 16 settembre durante la presentazione del Rendiconto sociale Inps Sicilia 2023 alla presenza di Istituzioni e parti sociali, nella sede dell’ARS, lanciando un alert, vi è un problema di sostenibilità sociale ed economica rispetto ai pensionamenti in essere degli ex precari e precari della Pubblica Amministrazione siciliana, per i quali è necessaria una soluzione per la gestione dell’immediato e dei prossimi anni per chi sta percorrendo l’ultimo miglio della propria carriera lavorativa.

Si tratta di circa 8-10 mila lavoratori dipendenti dei Comuni, delle Province, della Regione e delle Società Partecipate, ma anche dei Tribunali, dei Centri per l’Impiego, delle Parrocchie, etc. (ex-Art.23, ex-Resais, ex-Pip, ex-Asu ed altri) stabilizzati negli anni passati- ancora non tutti e non alla stessa maniera- che dopo un percorso lavorativo frammentato, fatto di contratti part time cioè 24 ore di servizio settimanale, di salari bassi e poveri, di grandi umiliazioni, costruito sulla costante incertezza rispetto al domani per sè e per le proprie famiglie a cui si prospetta una vecchiaia in pensione in modalità di sopravvivenza.

Di questi lavoratori circa un migliaio sono appena andati in pensione con un assegno mensile al di sotto o pari alla pensione minima, pur avendo lavorato per almeno 35 anni.

Per ricordarne la storia, si tratta di lavoratori, come ad es. i cd. Articolisti dal nome dell’art. 23, legge del 1988- che tramite immissioni contemporanee di circa 10-12mila persone per volta sono stati inseriti nel mercato del lavoro tramite ufficio di collocamento in base a criteri di anzianità di disoccupazione, qualifica e titoli (licenza media, diploma e laurea). Questa la modalità: un soggetto pubblico (Comune, Regione, Provincia, ASP, Camere di commercio,etc)- Ente Proponente- presentava progetti di utilità pubblica che un Ente Attuante (società private e cooperative) metteva in atto, trattenendo per sè il 20% della somma complessiva del progetto e assumendo tale personale con uno stipendio di circa 480 mila lire senza contributi pensionistici. Insomma, si provava a costruire occupazione (criticità permanente nella ns terra), esternalizzando i servizi pubblici e confidando nel bisogno di lavoro e nelle aspettative di tanti giovani e meno giovani siciliani.

Così fino al 1996, quando i lavoratori passano alle dipendenze dirette degli Enti pubblici con una retribuzione pari a 800 mila lire e contributi previdenziali figurativi, diventando gli LSU, Lavoratori Socialmente Utili. Dai primi anni del 2000, tali LSU ed altri, vengono trasformati in lavoratori a contratto di diritto privato di circa 18-24 ore settimanali a tempo determinato – da 1 a 3 anni a secondo degli Enti – con versamenti contributivi. Nel tempo, tali lavoratori hanno avuto un percorso diverso in base all’Ente a cui erano stati assegnati,ma risulta palese come, a fronte di risorse statali e regionali utilizzate, i soggetti beneficiari abbiano prestato servizio e fornito servizi utili alla collettività, contribuendo allo svolgimento di compiti istituzionali, sopperendo a carenze di organico e con notevole risparmio degli Enti in cui collocati, pur in presenza di lavoro subordinato e continuo, ma senza contributi previdenziali.

È paradossale che in un contesto siciliano, in cui nella Pubblica amministrazione, specie negli Enti Locali, gli organici risultano inadeguati (risulta il 40% del personale in meno negli ultimi 10 anni) rispetto ai compiti istituzionali da svolgere e ai servizi da erogare per i cittadini, non si può pensare che ci siano migliaia di lavoratori pubblici in part time.

Così come, non si può tergiversare sul fatto che gli stessi lavoratori ex precari, già oggi classificati come lavoratori poveri per via delle loro basse retribuzioni, stiano per imboccare -nell’accesso alla vita da pensionati- la via della povertà e della sopravvivenza ( circa 600 euro mensili) nella prossima quotidianità pur avendo lavorato per oltre 35 anni.

E’ per questo che si vuole lanciare un appello al governo regionale, alle forze politiche e alle Organizzazioni Sindacali affinché si intervenga “sanando“ e si possano trovare soluzioni adeguate a quello che sta diventando un problema sociale causato dalla precarietà e da tipologie di contratto che non danno certezze e stabilità, togliendo dignità al lavoro, ben sapendo che tale fenomeno del precariato, non investe soltanto la pubblica amministrazione, ma anche il settore privato.

La precarietà, purtroppo,  non è solo un problema individuale o una questione lavorativa inerente al mercato del lavoro, ma una ferita che incide profondamente nel sistema sociale e nell’economia in generale,  alimentando una forte diseguaglianza  che esploderà in breve tempo.

Valeria Tranchina – Comitato Regionale Inps Sicilia

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