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“…Andavamo in quel ‘Pizzo di Cannila’ ” di Salvatore Vaccaro

Redazione

“…Andavamo in quel ‘Pizzo di Cannila’ ” di Salvatore Vaccaro

Ven, 06/10/2023 - 09:25

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Grotta nella zona del Pizzo Candela
Canzirotta
Cangiuli
Canzirotta

Un anno fa ho descritto una roccia di quel “triangolo megalitico” dei nostri “Cangiuli” di “Quadìa”, e che moltissimi non sapevano cosa volesse significare. Qui, invece, parliamoci di un altro interessante bellissimo “Pizzo” nell’ultima zona di Mussomeli. Essi stanno come su “tre vertici” triangolari, megalitici, anche se non allineati, e quasi guardano dentro in alto del nostro cielo. E scendendosi di circa 5km in zona sud, e poi, in basso, di altri 6 km, verso est, ho rivisto, molte volte, andandoci nella strada, prima di Serradifalco, a quella del nostro territorio di 161 kmq. E quando finiscono in quella Contrada di “Sampria”, poi della “Affacciata Grande” e, pure, della “Serra del Fico“, pochi la conoscono in quel “Pizzo della Candela“, ma tanti anziani ancora lo nominano in quel dialetto di “ddu Pizzu di la Cannila” (403m). Come per gli Angeli dei “Cangiuli“, o come dire meglio di quelli di “San Michele degli Arcangeli”, assomiglia pure tantissimo al nostro “Pizzu” della “Cannila” e si vedono, anche oggi, due “angioletti di pietra“, uno a destra ed uno a sinistra, come nel centro elevato di quella rupe triangolare. Si fa pensare più di una candela luminosa o di un lume, o ad immaginarli a un bagliore, e, forse, meglio di quella grande luce da lassù, in alto. E tanti migliaia di anni fa, diecimila, o ventimila, ci furono quegli antichi umani preistorici, i “tholos”, i nostri “megalitici” di quel tempo lontano. Poi, da millecinquecento anni fa, arrivarono, o si diventarono, di quei nostri paleo-cristiani su quella punta della roccia, e vi cominciarono ad inginocchiarsi, ad invocarlo ed a pregare il Nostro Padre, come dentro quella “Candela” e con quei “due piccoli angeli rocciosi“, là, in quella cima. Anche nella loro Chiesa Hallgrímskirkja luterana, di 75 metri di altezza, nell’angolo di quella città capitale Reykjavík in Islanda, ed è assimilabile di tre lati a quell’alto triangolare di quel “Pizzo” dei “Cangiuli” e di “Cannila“, come se ci fossero una architettura gotica, per non dire di quell’ampio picco del “cuspide piramidale”. Da 2 chilometri verso nord dalla “Cannila“, c’è la Contrada di “Canzirotta”, che probabilmente si tratta dell’antico “Kanzir ued” arabo della “valle dei cinghiali”, e che pure la chiamano “Fanzirotta”, ma ormai sono pochissimi quelli che vi lavorano lì. Anche la piccola chiesa, con una madonnina di pietra, o con tante casette, vi è già tutto abbandonata e distrutta. Da mezzo chilometro, sul levante, a 558m, c’è un “Pizzo dell’Agnello“, come lo ricordano gli anziani “nnu’ Pizzu d’Agneddu, e di cui lo hanno tanto cantato e festeggiato, di quel tempo di tanti anni fa, “nni l’agneddu e sucu“, come pure, lì vicino, con quelle casette dedicate a San Giovannino (San Ciuanninu), e, poi, di altri 500 metri, ci fu, pure, una piccola chiesetta di San Giovanni (San Ciuanni), e in cui vi fecero allora centinaia di una festicciola a San Ciuanni, e, magari, di “l’Agneddu“, poi vi scesero, passarono quella Contrada di “Ciuccafa“, che forse significa una festa di “sbornia o di una ubriacatura“(?), e salirono sulla “Cannila du Pizzu” della collina, dove vi cantarono, suonarono, pregarono e vi portarono, pure, una processione sulla vetta e sul cocuzzolo, con i suoi due piccoli “angeli di lassù”, proprio sotto della luna e delle stelle. Ora, non c’è più nessun “agneddu“, nè “giuvanninu” e nemmenodi “dda’ cannila“. Vi sono ancora di quei nomi su quelle cartine ma pochissimi li vedono. E tanti sono, ormai, quasi dimenticati, o forse perduti, sia nelle campagne, o nei torrenti, o sui piccoli fiumi, nonchè nelle strade e sulle vie, nelle colline e sui monti dei nostri paesi. Ma dobbiamo, però, fermarci, restarci, molto pensarci e, magari, ricordarsi di quel nostro tempo lontano, ma che è sempre vicin ( Salvatore Vaccaro)

o.

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