Tornano a processo in Corte d’assise – così ha deciso nella tarda mattinata di ieri la gup Valentina Balbo – i pakistani Muhammad Shoaib, 28 anni, e Bilal Ahmed inteso “Muhammad Bilal”, 24 anni, considerati due dei componenti del gruppo che, nella notte tra il 3 e il 4 giugno 2020, uccise il pakistano Adnan Siddique (nella foto) – che aveva 32 anni – a coltellate, dopo essersi introdotti con la forza nell’appartamento di via San Cataldo occupato dal giovane.
Dopo questo nuovo rinvio a giudizio, con la prima udienza fissata a novembre, i due pakistani torneranno davanti alla Corte d’assise; da capire se la loro posizione sarà poi riunita a quella degli altri già a processo, sempre in Assise. Il rinvio a giudizio è stato sollecitato sia dai pm Chiara Benfante e Massimo Trifirò, che dai legali di parte civile, mentre gli avvocati difensori Salvatore Baglio e Rosario Di Proietto hanno chiesto il proscioglimento dei due imputati.
Nel processo sono parte civile i familiari di Adnan Siddique, il Comune di Caltanissetta, insieme al Movimento volontariato italiano (Movi) con l’avvocato Salvatore Patrì, la comunità I girasoli di Milena e alcuni ospiti della stessa con l’avvocato Giovanni Annaloro. E poi anche i sindacati Cgil e Flai Cgil, l’associazione Proxima e alcune vittime delle presunte vessazioni degli imputati con gli avvocati Adriana Vella, Monia Giambarresi, Maria Ricotta, Stefania Giambra, Jennifer Guarino, Lia Minacapilli, Graziano Baglio, Marco Lomonaco e Giuseppe Orlando.
La posizione dei due imputati era stata stralciata dal processo principale per un vizio di procedura e gli atti erano tornati alla Procura. I due imputati avevano chiesto l’interrogatorio nel corso della fase di indagini, ma la Procura non lo aveva disposto. Shoaib e Bilal hanno reso recentemente l’interrogatorio, respingendo le accuse. Tra le imputazioni a loro carico anche i presunti episodi di caporalato nei confronti di alcuni braccianti agricoli. Proprio il caporalato sarebbe alla base dell’omicidio, in quanto Siddique aveva aiutato alcuni connazionali a denunciare le angherie subite.