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L’omelia di S. Michele del Vescovo scuote le coscienze della città. “Chiediamo al patrono l’ardore di saper combattere” 

Redazione

L’omelia di S. Michele del Vescovo scuote le coscienze della città. “Chiediamo al patrono l’ardore di saper combattere” 

Sab, 29/09/2018 - 15:10

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CALTANISSETTA – Uno tsunami di energia e di passione credente l’omelia di S. Michele del Vescovo, Mons. Mario Russotto, durante il pontificale solenne con cui si celebra il santo patrono della città e della diocesi.

In una Cattedrale gremita come nelle grandi occasioni, e di fronte al parterre di tutte le autorità schierate nelle prime file, (persino un ministro presente al pontificale, Alberto Bonisoli, pentastellato titolare del dicastero dei Beni Culturali e del Turismo), il Vescovo si è rivolto alla città con parole profetiche di grande coinvolgimento.
Partendo dall’antica leggenda di cui parla Pitrè, della piuma caduta su Caltanissetta dalle ali di S. Michele nella lotta contro il maligno e poi volata via a causa dei peccati dei nisseni, Mons. Russotto si è chiesto quali siano oggi i peccati che opprimono la nostra gente: la non-identità, la non-appartenenza, il non-amore e la miopia.
“La nissenità è quasi scomparsa – ha continuato il Vescovo – e non certamente a causa dei nostri fratelli immigrati, che come noi e come, ancora oggi, i nostri giovani, cercano di fuggire dalla miseria, dalla povertà, se non dalla guerra e dalla persecuzione. La mancanza di una coscienza di nissenità è dovuta anche all’indole degli abitanti della nostra città, che hanno sempre cercato di vivere da separati in casa, con una coscienza molto individualistica, una chiusura nel privato, e una spasmodica fame di annichilire l’altro per affermare se stessi. E così si è creata come una guerra dei poveri e in questa guerra a perderci è la città”
“La non-appartenenza alla città ha ulteriormente sgretolato la coscienza dei cittadini, ha frantumato la consapevolezza civile e sociale. A questo si aggiunga il non-amore o il disamore dei nisseni, che non si sono più rialzati dalla chiusura delle miniere; si sono adeguati al terziario e la gran parte hanno cercato una nuova professione: i leccapiedi, i portaborse, gli inseguitori dei potenti di turno, con o senza valori legali da portare avanti, seppur proclamati, sbandierati e acclamati.”
Impietosa l’analisi delle responsabilità delle classi dirigenti:
“E così troviamo oggi una città disamorata, scoraggiata, perché negli anni è stata sempre guidata da classi dirigenti miopi, che come i minatori hanno cercato di grattare solo la parete che avevano difronte, mancando di quel genio profetico, anticipatore di futuro, in grado di scrivere, pensare, progettare e portare avanti una ingegneria sociale, politica, economica, in grado di sollevare le sorti di questa città.”
In un crescendo appassionato Mons. Russotto ha proseguito la sua omelia, rispetto ad un altro dei temi cruciali, la criminalità: “Oggi registro in tanti nisseni anche la paura per i nostri fratelli migranti, come se fossero loro i responsabili della mancanza di lavoro, della disoccupazione, come se fossero loro i delinquenti da perseguitare e verso i quali puntare il dito, quando tale criminalità l’abbiamo in casa, coltivata nell’omertà, nel sottobosco della società, da sempre.”
Non è mancata la parte propositiva e l’incoraggiamento ai nisseni nella esortazione del Vescovo:
“Allora cosa chiedere a S. Michele? Innanzitutto l’ardore di saper combattere! Ma non individuiamo nemici esterni a noi. Il diavolo da combattere vive dentro di noi: è il nostro disincanto, la nostra indifferenza, la nostra rassegnazione, a volte la disperazione, la chiusura in noi stessi, la paura di affrontare noi stessi e di tirar fuori quelle straordinarie energie di ingegno che fecero di Caltanissetta la “piccola Atene!”
Dobbiamo allora ridiventare combattenti! Se volete, partigiani della libertà! Libertà da ogni sorta di criminale potere dominante, libertà da ogni sorta di sfruttamento, da ogni sorta di clientelismo; libertà di una coscienza alta, nel pensare, progettare e promuovere iniziative. Soprattutto dobbiamo ritrovare il coraggio della solidarietà!
Non basta pregare S. Michele individualmente, non basta chiedere grazie per sé. Bisogna che, come oggi pomeriggio, quando la città si ritrova in processione, noi dobbiamo essere una carovana di solidarietà. Un popolo libero della libertà di Dio, un popolo innamorato della vita, un popolo profetico, capace di costruire il futuro, progettando e attuando nel piccolo, ogni giorno, quello che è possibile. Perché insieme possiamo.”

Ascolta l’audio integrale del Pontificale di San Michele