La lotta contro il banditismo, contro il terrorismo rosso e infine contro Cosa Nostra. Che gli tolse la vita il 3 settembre 1982 con un feroce attacco in cui morirono anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo. Sono da poco passate le 21 quando una Bmw affianca una A112 bianca. Dalla prima auto parte una raffica di Kalashnikov, che travolge i passeggeri della seconda. Così, il 3 settembre 1982, moriva il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nell’esecuzione, compiuta per mano di Cosa Nostra, perdono la vita anche la moglie Emanuela Setti Carraro, che si trovava al posto di guida, e l’agente di scorta Domenico Russo, che seguiva la coppia a bordo di una seconda auto.
Carlo Alberto Dalla Chiesa è nato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, il 27 settembre 1920. La sua biografia, riportata sul sito ufficiale dei Carabinieri, lo definisce “un figlio d’arte”: all’Arma, infatti, appartenevano sia il padre Romano che il fratello Romolo. Dalla Chiesa ne scalerà le gerarchie, fino a diventare, nel 1982, vice Comandante Generale. Il suo nome è legato soprattutto alla lotta contro la mafia e contro le Brigate Rosse. Sin da giovane, infatti, viene inviato in Sicilia. Dopo una breve esperienza in Campania (dove nascerà la figlia Rita), arriva il primo incarico nell’isola nel 1949, nel Comando forze repressione banditismo. Gli viene assegnata la responsabilità di una zona destina a diventare il centro nevralgico di Cosa Nostra: Corleone, dove Dalla Chiesa deve misurarsi con il potere del boss Luciano Leggio e l’ascesa di Bernardo Provenzano e Totò Riina. Dalla Chiesa si dimostra “un ufficiale abile, duro, inflessibile, gran lavoratore, non meno paziente dei suoi avversari”. Riesce così a inchiodare gli assassini del segretario della Camera del Lavoro di Corleone, Placido Rizzotto. Ma il processo si risolve con una serie di assoluzioni e Dalla Chiesa viene assegnato ad altro incarico.