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L’intervista. Bruno Megale: un questore “rock” a Caltanissetta

Michele Spena

L’intervista. Bruno Megale: un questore “rock” a Caltanissetta

Mar, 20/10/2015 - 17:28

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Questore MegaleDa Milano a Caltanissetta, passando per Reggio Calabria: ascoltando i Led Zeppelin. Raccontare e far conoscere il nuovo Questore di Caltanissetta, Bruno Megale, reggino di 49 anni, in servizio nel capoluogo nisseno dalla fine di maggio, è impresa ardua: ricco di interessi, pragmatico, innamorato del suo lavoro, sportivo, colloquiale, ha percorso, o per meglio dire ripercorso, il sentiero delle sue esperienze, del suo modo di intendere un lavoro così impegnativo, ma soddisfacente, di come ha vissuto questi primi 5 mesi al centro della Sicilia.

“Sono fiero del mio essere reggino. A 15 anni mi sono trasferito a Napoli per frequentare la scuola militare Nunziatella. Poi l’approdo nel 1985 all’Istituto Superiore di polizia a Roma. Infine la mia fetta di vita lombarda, 10 anni a Brescia e quasi 15 a Milano. Nel capoluogo meneghino mi sono trovato benissimo, non è stato facile ambientarsi, ma superata la prima fase ho apprezzato e scoperto una città meravigliosa. Mi è entrata dentro, è la più mitteleuropea delle città italiane. Sei al centro di tutto, riserva opportunità a chiunque, non interessa il colore della pelle o altro, importa solo il tuo progetto e le tue capacità. Si lavora tantissimo. Parlando di sicurezza, delle forze dell’ordine, la richiesta dei servizi da parte dei cittadini è molto elevata, sono esigenti, dunque dobbiamo adeguarci”. Con abile passaggio dialettico è già in Sicilia. “Quando vi è stato il crollo di una parete sull’autostrada Catania-Messina, io tornavo da Reggio Calabria. Per arrivare a Caltanissetta ho impiegato 8 ore; per arrivare a Milano dalla Calabria, ne impiegavo 11. Il paragone è esemplificativo. Se fosse crollato un pilone, riferimento al viadoto Himera dell’A19, a Milano sarebbe successa la rivoluzione, non era concepibile”.

Come dargli torto, come ritenere concepibile o sopportabile una regione tagliata in due. “La Sicilia è bellissima, adoro il clima, ho notato, inizialmente, un po’ di rassegnazione. Non manca, però, la voglia di cambiare le cose, ad iniziare dai servizi che non sono ottimali”.

Megale, da dirigente dell’Antiterrosimo alla Digos di Milano alla carica di Questore, peraltro il più giovane d’Italia: il passaggio dalla realtà lombarda a quella nissena non è stato traumatico? “Caltanissetta ovviamente non è paragonabile al capoluogo lombardo, ma è molto carina e ordinata. Questa è una scommessa lavorativa importante. Sono entusiasta. Molto gratificato dall’incarico che non mi aspettavo e dalla sede. Investigazioni importanti, realtà diverse da quelle a cui ero abituato, per chi svolge il mio lavoro più sono complesse le situazioni, più sono intriganti e coinvolgenti. Ho trovato uomini di grande levatura professionale, sempre sul pezzo. Ho notato molta coesione, solidarietà, non solo come tratto distintivo caratteriale tipico di noi meridionali, ma probabilmente frutto della sopportazione, con cospicui sacrifici, una grande mole di lavoro”.

La sicurezza del Capoluogo. “Oggettivamente è abbastanza sicuro e tranquilo, si può girare a piedi tranquillamente. Comprendiamo come l’opinione pubblica è infastidita da taluni episodi di microcriminalità, ma li stiamo affrontando con determinazione. Iniziative proficue come il poliziotto di quartiere, il lavoro di prevenzione svolto nelle scuole con la collaborazione dei professori, sono chiari segnali. Le statistiche confermano la mia sensazione. Degli interventi mirati dell’Amministrazione alla riqualificazione urbanistica del centro storico, ad esempio alla Provvidenza, sarebbero utili anche per combattere i fenomeni di degrado nei quali cresce e si alimenta la microcriminalità”.

Corte d’Appello. “Ci tengo ad esprimere la mia opininione in merito alla paventata chiusura della Corte d’Appello di Caltanissetta. Deleteria la ricaduta sull’attività investigativa che sarebbe ridimensionata. Adesso come Distretto di Corte d’Appello, procura distrettuale, diversi mandamenti mafiosi, abbiamo una struttura investigativa proporzionata alle esigenze. Per dare un’idea basti pensare che Enna, che non ha distretto, ha una squadra mobile che, numericamente, è un quarto della nostra. Catania e Palermo, dovrebbero dividersi un territorio geograficamente ampio, troppo vasto; pensiamo al Vallone che già per noi è distante. Non ho dubbi, Caltanissetta merita la Corte d’Appello”.

La polizia, non solo repressione del crimine, non solo volanti o uomini in divisa. “Anche noi a livello di organico abbiamo subito la spending review, con un calo fisiologico nazionale del 20% in termini di personale. Abbiamo razionalizzato gli uffici, non ha inciso sulle nostre prestazioni. Ci occupiamo anche di emergenze, leggasi immigrazione, o abbiamo compiti, vedi i passaporti, che non sono da polizia. Negli altri paesi europei non è cosi. Spesso la polizia sopperisce alle inefficienze delle altre amministrazioni. Questo aumenta le relazioni con il cittadino. Ricevere la telefonata, com’è successo, di un anziano che si sente solo, ci fa capire della percezione quasi familiare che hanno i cittadini nei nostri confronti e ciò mi rende orgoglioso”.

Uomo di sport, in termini fattivi, lo dimostra l’ottima forma fisica. Amante del calcio, milanista sfegatato (non si è perso un derby negli ultimi dieci anni) seconda punta di buon livello, con tanti campionati Uisp alle spalle ed adesso appassionato di golf. Amante del green che ha scoperto a Brescia, uno sport ormai non più d’elitè, ma alla portata di tutti, tanto quanto un abbonamento annuale in palestra. “Sul calcio per motivi anagrafici, il mio fisico non risponde più come una volta, per cui prediligo adesso questo sport, di grande concentrazione, che ti consente di vedere posti meravigliosi e di trascorrere una giornata a contatto con la natura”. Gusti musicali, ci spiazza: inizia dai Led Zeppelin e passa ai The Clash. Un minimo comun denominatore il Rock: nelle sue declinazioni Punk e Hard. Alla fine tentiamo di strappargli la “consueta” confidenza, su cosa abbia realmente apprezzato di Caltanissetta, della Sicilia, oltre il clima. Non ha esitazioni: “La cucina, si mangia in maniera meravigliosa, la migliore d’Italia. Vince facile”. L’elenco dei piatti è quasi infinito, ma appena citiamo la pasta con le sarde, finocchietti e pinoli la repentina, classica, esclamazione in dialetto siciliano, certifica il gradimento assoluto.

Torniamo a parlare di sicurezza, di futuro, di prospettive: “Puntiamo sui giovani, loro sono il nostro valore, il nostro capitale. Le  nuove dinamiche sociale, con l’avvento dei social, ha condotto, portato all’appiattimento. Rispetto a dieci anni fa, tutto è cambiato. I giovani, però, sono attivi, cercano, vogliono, aspirano; necessitano di essere guidati. Hanno voglia di emergere, di vivere”.

Dai giovani alla famiglia, il passaggio è quasi obbligato. La famiglia come pietra portante, casa, approdo, sicurezza. “Sono sposato da sette anni con Daniela, avvocato calabro, non abbiamo figli. Dopo il mio trasferimento a Caltanissetta, abbiamo deciso di scegliere Reggio Calabria, come base, anche perché consapevoli che dovrò spostarmi spesso per lavoro. Mia moglie viene spesso qui, ha scoperto una città adorabile.  Devo molto a mio padre Benito, capo tecnico delle ferrovie dello stato e a mia mamma Maria Pia, funzionario di ragioneria. Mio fratello gemello è colonnello della Guardia di Finanza”. Belle storie, della provincia italiana, quelle che i cronisti di una volta amavano raccontare, intrise di sacrifici, valori, qualità che rappresentavano lo scheletro dell’allora locomotiva Italia, del Bel Paese. Virtù ormai in disuso per molti, ma non per Bruno Megale.

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