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Allarme della Caritas: separati e divorziati sono i nuovi poveri

Redazione

Allarme della Caritas: separati e divorziati sono i nuovi poveri

Dom, 30/03/2014 - 16:38

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imageLa difficile situazione sociale determinata dalla crisi economica, e’ resa piu’ pesante in Italia da “gravi e crescenti difficolta’ derivanti purtroppo dalla rottura dei rapporti coniugali, sia a livello occupazionale che abitativo”. La denuncia del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, al Consiglio Episcopale Permanente di lunedi’ scorso ha trovato conferma nei dati allarmanti del Rapporto 2014 della Caritas Italiana sulla poverta’ e l’esclusione sociale intitolato “False partenze”, presentato oggi a Cagliari in occasione del Convegno Nazionale delle Caritas diocesane. Infatti, il 66,1 per cento dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all’acquisto dei beni di prima necessita’. Prima della separazione erano solo il 23,7. Altre conseguenze della separazione: aumenta il ricorso ai servizi socio-assistenziali del territorio come anche la crescita di disturbi psicosomatici (66,7 per cento accusa un piu’ alto numero di sintomi rispetto alla pre-separazione. Inoltre, la separazione incide negativamente nel rapporto padri-figli: il 68 per cento dei padri (46,3 per cento delle donne) intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione; tra i padri che riconoscono un cambiamento il 58,2 per cento denuncia un peggioramento nella qualita’ dei rapporti (le madri al contrario riconoscono per lo piu’ un miglioramento).Tra i separati/divorziati che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas la gran parte e’ di nazionalita’ italiana (85,3 per cento); in termini di genere c’e’ una leggera prevalenza delle donne (53,5 per cento), rispetto agli uomini (46,5 per cento) anche se si puo’ parlare quasi di un’equa divisione. Il 42,9 per cento e’ coinvolto in separazioni legali, il 28,1 per cento in separazioni di fatto e il 22,8 per cento in procedimenti di divorzio. Dei procedimenti di divorzio quasi la totalita’ risulta ormai anche conclusa. Considerando i tempi di separazione, il 34,0 per cento vive uno di questi stati da meno di un anno, il 20,0 per cento da meno di due anni, il 20,2 per cento da un tempo che va dai due ai cinque anni, il 25,8 per cento da oltre 5 anni. Rispetto al totale degli intervistati, i due terzi (66,5 per cento) ha figli minorenni; su questi ovviamente grava un peso materiale e sociale piu’ pesante, sia in termini di cura che di mantenimento. Per quanto riguarda l’eta’ si tratta in particolare di persone nella fascia d’eta’ centrale (45-54 anni) e di giovani adulti (35-44 anni). Per quanto riguarda il livello di istruzione, prevale la licenza media inferiore (34,9 per cento) seguita dal diploma di scuola media superiore (28,6 per cento), dalla licenza elementare (14,5 per cento) e dall’attestato professionale (10,0 per cento). Le motivazioni che hanno spinto gli utenti a chiedere aiuto sono legate a bisogni di tipo materiale e immateriale: le difficolta’ economiche (21,7 per cento), il disagio abitativo (15,0 per cento), l’impossibilita’ di accedere ai beni di prima necessita’ (cibo e vestiario) (12,1 per cento); il bisogno di ascolto (13,1 per cento) e l’assistenza psicologica (12,3 per cento). Gli occupati rappresentano meno di un terzo dei separati e divorziati intervistati mentre coloro che sono in cerca di un’occupazione (disoccupati e inoccupati) sono quasi la meta’ ( 46,1 per cento).

La grave situazione sul fronte dell’occupazione e’ l’elemento che maggiormente condiziona il post separazione. Fino ad oggi a ricoprire tale situazioni di svantaggio sono state in primo luogo le donne collocate in posizioni occupazionali subalterne, a volte anche per scelta personale per quella che potremmo definire la divisione del lavoro all’interno del matrimonio. Rispetto alle interviste realizzate non emerge un particolare svantaggio delle donne; i livelli di disoccupazione, infatti, risultano alti sia per i maschi (45,1 per cento) che per le femmine (41,4 per cento).   Anche la dimensione abitativa evidenzia delle situazioni di gravi criticita’ vissute sia sul piano della sistemazione che su quello del grado di affaticamento rispetto agli oneri di spesa fissi (mutuo, affitto, pagamento delle utenze di luce, gas, ecc.). Rispetto al pre separazione, quando il 43,7 per cento degli intervistati viveva in abitazioni di proprieta’ e il 42,0 per cento in affitto, la situazione nel post separazione risulta decisamente alterata. Dichiara di aver cambiato abitazione l’87,7 per cento degli uomini contro il 53,1 per cento delle donne. Infine nella rilevazione condotta sui servizi Caritas/CFC si evince che la separazione influisce negativamente sul rapporto tra padri e figli; il 68 per cento degli ex mariti intervistati riconosce un cambiamento importante a seguito della separazione (a fronte di un cambiamento percepito solo dal 46,3 per cento delle donne). E tra loro il 58,1 per cento denuncia un peggioramento nella qualita’ dei rapporti (le madri al contrario riconosco per lo piu’ un miglioramento). Gli elementi che rendono particolarmente insoddisfatti i padri nel rapporto con i figli sono: la frequenza di incontro, gli spazi di vita e i luoghi di incontro, il tempo da dedicare alla relazione, la possibilita’ di partecipare a momenti importanti. .