Salute

È bianca la “scatola nera”?

Michele Spena

È bianca la “scatola nera”?

Sab, 04/05/2013 - 23:44

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CALTANISSETTA – Sul ritorno “storico” di Benedetto XVI tra le mura del Vaticano non ci sono state immagini, se non il saluto con Papa Francesco sulla soglia del “Mater Ecclesiae”. Si era parlato di clausura volontaria e così sembra che sia stato.
Ma per il primo incontro tra i due l’esposizione mediatica è stata ampia e per certi versi inquietante.
La consegna del segreto di Pietro davanti alle telecamere: come leggere l’immagine di due Papi a colloquio uniti e separati da una scatola bianca sigillata e una busta con un plico di 300 pagine “riservato” da Benedetto a Francesco?
Il millenario riserbo della Chiesa per i propri atti interni perché si è voluto superarlo nel contesto di un incontro storico che ci si aspettava che avvenisse, ma in forma strettamente privata, in quel palazzo dove avrebbe dovuto iniziare la clausura annunciata del Vescovo emerito di Roma?
Dopo l’immagine del portone di Castelgandolfo che si chiudeva, lasciando fuori la luce dei riflettori, la sera triste del 28 febbraio, pochi si sarebbero aspettati di rivedere così presto Benedetto.
E invece ha voluto che il mondo fosse presente, al suo incontro con Papa Francesco, mostrandosi ormai fragilissimo nel corpo, ma determinato a solennizzare l’affidamento della sua consegna al successore.
Dentro quella scatola bianca tutti hanno pensato che fossero scritte le ragioni della sua rinuncia, sia nei documenti che nella sua analisi personale, consegnata “brevi manu” e non attraverso le vie legali e formali delle procedure vaticane, ampiamente violate da Vatileaks.
Perché ha voluto che il mondo conoscesse quel passaggio del testimone più doloroso senza mediazioni, con il massimo della visibilità mediatica, con quell’immagine senza parole che dal paginone de “L’Avvenire” è rimbalzata su tutti i quotidiani del mondo?
Quando si rende pubblico l’affidamento di un segreto, anche se non se ne rivela il contenuto, sempre, si vuole comunicare l’affrancamento da una solitudine insidiosa, carica di rischio, portatrice del pericolo di tutte le verità nascoste e indicibili.
O soltanto, e speriamo che sia così, l’affidamento fiducioso e solidale alla credibilità di un successore che tra le prime parole pronunciate appena eletto dalla loggia di San Pietro aveva parlato di “fiducia tra noi”, e che sembra determinato ad investire nella ricostruzione francescana della Chiesa un’energia ben diversa da quella che il sorriso scarnificato di Benedetto ci ha raccontato finora.
Il silenzio in piazza San Pietro, nell’incontro con il Papa appena eletto, tutto il mondo lo ha ascoltato e lo ha “visto”: con un magnetismo di segno opposto agli “effetti speciali” della retorica mediatica, quasi una sospensione del clamore nei gesti misurati del Papa con la croce di metallo sul cuore, entrato in punta di piedi nell’immaginario e nella vita della sua gente.
Era un silenzio diverso da quello dell’immagine muta della scatola bianca sul tavolo tra i due Papi, (o tra i due Vescovi come con lessico raffinato insiste a dire Papa Francesco). Questo è un silenzio che ha comunicato “ad intra”, alle voci delle verità indicibili, che, forse, ora faranno meno paura.
E’ stato l’ultimo atto del pontificato di Benedetto XVI prima di entrare nel silenzio mediatico della clausura?

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