CALTANISSETTA – I docenti della Scuola Secondaria di primo grado “Filippo Cordova” di Caltanissetta, riunitisi in assemblea in data 22 ottobre 2012, intendono portare a conoscenza dell’opinione pubblica il loro pensiero sull’art. 3 della legge di stabilità varata dal Consiglio dei Ministri.
Si presume che un Ministro della Pubblica Istruzione conosca i meccanismi delle istituzioni scolastiche e il carico di lavoro che il personale docente affronta. Nel “conteggio” contrattuale e cioè nelle famose 18 ore – quelle che il docente svolge in classe – non compaiono le ore di riunioni tra docenti, riunioni con i genitori, assemblee collegiali, consigli di classe, scrutini, verbali da scrivere, ore dedicate alla programmazione didattica, alla preparazione delle lezioni, a correggere verifiche, a contattare esperti di varia tipologia, a partecipare alle visite guidate e viaggi d’istruzione, a incontrare psicologi, psicoterapeuti, logopedisti per alunni con difficoltà …
Si ritiene che lo stesso Ministro sappia che ad un aumento del carico di lavoro corrisponderà, gioco forza, una quantità di “energia” inferiore che il docente potrà dedicare ai propri alunni,(è scientifico, a parità di potenza erogata se la stessa va distribuita a più utenze le stesse ne usufruiranno in proporzione, in quantità inferiore). La scelta del termine “energia” non è casuale in quanto il Ministro, che è anche un professore, è specialista in tale campo. E’ chiaro che il risultato della politica scolastica del Ministro porterà in breve tempo a un logoramento fisico e psichico del personale della scuola che svolge la sua professione con una materia prima doverosa della massima attenzione: “l’uomo”. Ogni alunno è un universo a sé e merita il tempo necessario a seguirlo nella crescita.
Risparmiare a discapito del personale docente che forma l’Italia di domani significa risparmiare sul futuro del paese, con ricadute gravi sullo sviluppo dello stesso. Quanto previsto dalla nuova norma è inoltre in netta contrapposizione con l’art. 36 della Costituzione che afferma: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”. L’aver aumentato per decreto il monte ore settimanali di docenza frontale è sintomo di scarsa considerazione da parte del Ministro per il lavoro che il personale svolge; e come dire: “lavorano talmente poco che possiamo tranquillamente aumentargli il carico di lavoro”. Sono in molti a pensare che gli insegnanti lavorino poco; chi lo pensa non ha minimamente idea di cosa sia il lavoro di insegnante. Questo può pensarlo chi è estraneo al mondo della scuola non il Ministro che la dirige.
Dispiace scoprire che tali scelte sono state assunte proprio da “Ministri-Professori” che hanno curricula di tutto rispetto e che dovrebbero ben conoscere quanto sopra esposto. Chi vuole che le regole vadano rispettate è bene che le rispetti lui per primo: l’aumento delle ore di docenza è da sempre argomento di materia contrattuale e non può essere modificato unilateralmente senza consultare le organizzazioni sindacali che rappresentano la controparte nella contrattazione. I docenti di quest’Istituzione Scolastica sono consapevoli della particolare congiuntura economica che attraversa il mondo e l’Italia in particolare in questo periodo storico e per questo, se pur a malincuore, “hanno subito” il blocco salariale e il rinvio degli scatti di anzianità che si traducono in perdita di potere d’acquisto. Il corpo docente, in quanto “intellettuale”, comprende tutte le motivazioni oggettive che l’attuale governo adduce alla politica economica che sta attuando ma non giustifica gli interventi che lo stesso sta effettuando per affrontare il problema recessione che il paese subisce.
La mancanza di risorse necessarie a far funzionare lo Stato non si risolve esclusivamente tagliando le retribuzioni del personale docente o sovraccaricandolo di compiti, cancellando contestualmente con un semplice colpo di spugna posti di lavoro (precari e giovani), ma trovando soluzioni innovative che creino lavoro e aumentino la produttività del paese. E’ chiaro altresì a questo corpo docente che le scelte del Governo devono essere ratificate dalla classe politica che non può non assumersi la responsabilità di ciò che vota. Se l’attuale classe politica dovesse avallare quanto deliberato dal Consiglio dei Ministri sappia che la società civile saprà dare adeguata risposta con l’unico strumento valido che ha ancora in possesso: il voto. Questa classe docente, che domenica andrà al voto, adotterà tutte quelle azioni di lotta che, nel rispetto della normativa vigente, le sono consentite.
Rinuncerà inoltre, in conseguenza a quanto sopra esposto, a tutti gli incarichi aggiuntivi che consentono alla scuola di crescere e di operare con dignità e non si sovraccaricherà di tutti quegli oneri, svolti spesso a titolo gratuito o mal retribuiti, che consentono all’utenza di usufruire di una più ricca offerta formativa.
I docenti

