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Emma Dante al pubblico: “Il mio film cannibalizzato da prodotti commerciali, premiate chi osa”

Redazione 3

Emma Dante al pubblico: “Il mio film cannibalizzato da prodotti commerciali, premiate chi osa”

Gio, 07/12/2023 - 08:34

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“Anatomia di un oblio: dopo due settimane e mezzo, il nostro film Misericordia oggi e’ programmato in sole due sale in tutta Italia. queste si’ che sono soddisfazioni…. Quando, tra qualche giorno, sara’ definitivamente estinto, smettero’ di parlarne, ma finche’ c’e’ qualcuno che si ostina a programmarlo tenendolo in vita, io lo ricordero'”.

Cosi’ con amarezza parla la regista palermitana Emma Dante, che ha diretto un cast eccezionale per un’opera intensa e bellissima.

Il suo “Misericordia”, aggiunge, e’ stato “cannibalizzato da prodotti commerciali. E pensare che tra la scrittura, i sopralluoghi, la ricerca del cast, le prove, le riprese, la post produzione si e’ lavorato duramemente per tre anni. Mi cadono le braccia nel constatare la leggerezza e la superficialita’ con cui si archiviano le creazioni sperimentali, lontane da quegli algoritmi che come un mangime nutrono nugoli di polli”.

“Misericordia” è una favola contemporanea. Racconta la fragilità delle donne, la loro disperata e sconfinata solitudine. 

Tre puttane e un ragazzo menomato vivono in un monovano lercio e miserevole. Durante il giorno le donne lavorano a maglia e confezionano sciallette, al tramonto, sulla soglia di casa, offrono ai passanti i loro corpi cadenti. Arturo non sta mai fermo, è un picciutteddu ipercinetico. Ogni sera, alla stessa ora, va alla finestra per vedere passare la banda e sogna di suonare la grancassa.

La madre di Arturo si chiamava Lucia, era secca come un’acciuga e teneva sempre accesa una radiolina. La casa era china ‘i musica e Lucia abballava p’i masculi! Soprattutto per un falegname che si presentava a casa tutti i giovedi. L’uomo era proprietario di una segheria dove si fabbricano cassette della frutta, guadagnava bene ma se ne andava in giro con un berretto di lana e i guanti bucati. Lo chiamavano “Geppetto”. Alzava le mani. Dalle legnate del padre nasce Arturo e Lucia muore due ore dopo averlo dato alla luce. Nonostante l’inferno di un degrado terribile, Anna, Nuzza e Bettina se lo crescono come se fosse figlio loro. Arturo, il pezzo di legno, accudito da tre madri, diventa bambino.

Poi l’appello: “Lo ribadisco fino allo sfinimento, fino all’esaurimento, fino a risultare antipatica a tutte e a tutti, il cinema si puo’ vedere solo al cinema. E’ inutile che mi chiedete su quale piattaforma poter vedere il mio film. Se non lo trovate al cinema, andate a vedere i film delle altre e degli altri. Ma andateci, a costo di fare dei chilometri per spostarvi dalla periferia al centro o dal centro alla periferia, a costo di perdere una serata a cercare parcheggio, a costo di rinunciare a un aperitivo, andate a vedere i film che non vede la massa, non fatevi scoraggiare dalla poca affluenza in sala, siate voi le eroine e gli eroi del nostro tempo. Voi che salvate un luogo di culto come il cinema indipendente, voi che salvate la ricerca, il gesto artistico non conforme, l’anomalia, il virus, cio’ che e’ nuovo e che fa paura, che non riceve il plauso di tutte e tutti. Siete voi, solo voi la salvezza. Voi, il pubblico”.